Rubrica Cucù

La luna e i falò dei capodannati

Ma quanto sono fessi gli uomini che sceneggiano il trapasso d'anno, diceva l'altra sera la luna affacciata sulla terra...

Ma quanto sono fessi gli uomini che sceneggiano il trapasso d'anno, diceva l'altra sera la luna affacciata sulla terra. Li guardava dall'alto, paffuta e solitaria, al lume di se stessa, mentre davano fuoco all'euforia rituale di capodanno. Urla, spari, auguri, tutto per niente, solo per santificare un nonnulla, una festa non per uomini né dei, non per nascite né morti; agitati a celebrare solo il tempo che passa. A illudersi di un transito tra il Non più e il Non ancora.

Ma quanto sono scemi gli abitanti della terra, diceva tra sé la luna, cosa hanno da brindare per un giorno come gli altri, una manciata d'attimi tra la luce di un anno che va e il buio di un altro che viene, e poi viceversa. Insensata giostra del tempo, che solo dementi atavici possono osannare, fingendo cerimonie d'addio e di benvenuto a grumi seriali di giorni. Botti, bombe, spari di una festosa guerra contro ignoti, in nome d'una patria di passaggio che dura lo spazio di un momento, nel varcare il confine tra due paesi immaginari denominati Annovecchio e Annonuovo.

Pirla dal volto umano festeggiano il nuovo che li invecchia e la tragedia del divenire; brindano al Capodanno che, lo dice la parola, è a capo del danno chiamato tempo-che-passa. Ma che vuoi farci, luna, siamo bambini d'annata, siamo imbecilli giocosi, ci entusiasmiamo solo per le cose vane e insensate. Il nostro lusso è l'Assurdo; ci strega la sua magia. Siamo animali simbolici, siamo bestie sacrali, affamate di riti catartici, gesti scaramantici e atti propiziatori.

Altro che tecnici e contabili.

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