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Quanta ipocrisia sui sondaggi Spuntano pure quelli beffa

Nonostante lo stop alle rilevazioni previsto dalla legge in rete circolano dati incontrollabili: una spirale perversa che danneggia chi è in rimonta

Quanta ipocrisia sui sondaggi Spuntano pure quelli beffa

Roma - C'è chi dice che la cancellazione dei sondaggi nelle ultime due settimane di campagna elettorale sia uno schiaffo alla capacità di giudizio degli italiani. E chi rivendica questa scelta come una sorta di moratoria sulle indebite pressioni effettuate dai partiti, attraverso rilevazioni da loro stesso commissionate, per manipolare il consenso.

Il dibattito sull'identità dello Stato-controllore, dello Stato-asilo o dello Stato-dietologo che tiene a stecchetto i propri pazienti-elettori e di cui mostra di non fidarsi molto, è aperto. La legge 28 del 2000 stabilisce il divieto di rendere pubblici e diffondere «i risultati dei sondaggi demoscopici sull'esito delle elezioni e sugli orientamenti politici e di voto degli elettori». Il black out informativo riguarda anche i sondaggi effettuati in periodi precedenti. Naturalmente impedire ai politici di pronunciare la parola «sondaggio» - fatalmente dicendosi in vantaggio, in ripresa o almeno in partita - non è cosa pensabile. Così come in periodo di coprifuoco è impossibile fermare la produzione di sondaggi commissionati dai palazzi della politica (e non solo).
L'effetto perverso di questa spirale di divieti è un disordinato fiorire di voci di cui gli elettori sono gli unici a non essere a conoscenza ma che fanno da sfondo a una sorta di dialogo fantasma in cui si ammicca a numeri e percentuali che non si possono pronunciare. Un vero e proprio festival dell'ipocrisia, insomma, che produce effetti a volte paradossali, a volte creativi e divertenti.

È il caso, ad esempio, dello stratagemma utilizzato dal duo Simone Bressan e Andrea Mancia che su notapolitica.it raccontano la telecronaca di alcune curiose «corse clandestine dagli ippodromi più importanti d'Italia». «Il Grand Prix de la Rimonte» spiegano «è una corsa complessa divisa in due gare. La prima, detta Manche de la Chambre, si gioca su un circuito nazionale con 60 milioni di spettatori. La seconda manche, la Manche de le Senat, si corre in 20 ippodromi regionali». L'ultimo aggiornamento è di ieri, 17 febbraio, giorno in cui la corsa vede «la scuderia Bien Comun condurre per 4,8 secondi sull'azzurra Maison Liberté», con il fantino Pier le Smacchiateur che controlla la rimonta di Burlesque e del suo Varenne». «Dietro di loro Maison Liberté appare strutturalmente inchiodata ai 30 secondi totali. Malino Freres Tricolor che, con un tempo di 1,5 si fa soffiare il piazzamento buono per la seconda manche dal destrorso Hirosaka, 1,8 secondi per lui e prestazioni in crescita. Bene invece il nordico Groom de Bootz che con 6 secondi fa segnare uno dei suoi massimi stagionali».

Questo gioco venne architettato per la prima volta nel 2006. «In quell'occasione mutuammo i cavalli dal Gran Prix d'Amerique. E oggi abbiamo ripreso quell'abitudine» racconta Bressan. «Visto che ci è impedito parlare di politica che è una nostra grande passione, allora almeno ci esercitiamo con un'altra passione: i cavalli e con l'ippica». In ogni caso, continua, «è arrivato il momento di togliere questo divieto e finirla con il presupposto della stupidità degli elettori».
Peraltro lo stesso stratagemma viene utilizzato anche da YouTrend che continua a non occuparsi di sondaggi e di politica, preferendo dare il giusto risalto alle indiscrezioni che filtrano sull'imminente Conclave. Quello Veneto in particolare.

I protagonisti? Il vulcanico cardinale di Monza e Brianza, il bonario cardinale di Piacenza, l'ex nunzio apostolico di Bruxelles e, infine, l'irruente Camerlengo di Genova.

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