Rubrica Cucù

L'apocalisse senza rivoluzione

È terribile assistere inermi alla catastrofe del tuo Paese, anzi, sentirti dentro la barca che affonda, persino a due passi dall'epicentro

È terribile assistere inermi alla catastrofe del tuo Paese, anzi, sentirti dentro la barca che affonda, persino a due passi dall'epicentro, tra le sedi vacanti del Potere e non scorgere neanche un segnale di svolta. Ti accorgi che dopo lunghe tempeste e lugubri annunci, ora stiamo veramente inabissandoci e non vedi l'ombra di una reazione né una via di uscita. La corruzione stavolta non è più affare penale; è la corruzione che altera i corpi senza vita. Non è malaffare ma putrefazione.

La scena è divisa tra vecchi rottami e rottamatori del vecchio, non c'è nessuno che rappresenti davvero il nuovo, che abbia l'ardore del nuovo, la fresca energia unita alla precisa determinazione; e non solo la demolizione del vecchio. E a rovescio, non c'è nemmeno chi rappresenta il permanente, la sicurezza affidabile di una continuità oltre il tempo; persino il massimo custode della tradizione ha rinunciato all'impresa, lo Spirito Santo non copre più i sinistri oltre una certa età. Senti aria di apocalisse nelle strade di Roma; apocalisse gaia, almeno quando occhieggia la primavera.

Qualche traccia della dolcezza di vivere, che qui fu di casa, ancora si affaccia negli anfratti, nelle osterie e sui terrazzi. Ma si avverte che stavolta ci siamo, non si può sfuggire. Il Paese collassa, l'aria è satura e il clima è propizio per una rivoluzione, per un nuovo ordine e perfino una nuova religione. Se solo ci fosse una sparuta schiera di valorosi che pensi in grande e agisca di conseguenza...

Urgono veri conservatori e/o veri rivoluzionari.

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