Politica

Viva donne e giovani (ma avanti i vecchi)

Dalla proroga di Monti a Bersani congelato, il capo dello Stato sta dilatando i suoi poteri. I dubbi dei cosituzionalisti si moltiplicano. Ma nessuno grida all'attentato alla Carta

L'Italia 2.0, il Paese dei balocchi sbarazzino, moderno e delle pari opportunità uscito dalle urne, era un articolo fallato, con la data di scadenza ravvicinata come lo yogurt. Infatti, dopo un mese di retorica beatificazione, la Repubblica delle Novità si è spenta serenamente, senza una protesta, senza neppure lasciare le sue ultime volontà, soffocata in culla da quella restaurazione che ha portato un preclaro presidente di quasi 88 anni ad affidare la democrazia a dieci maschi-alfa diversamente anziani.

Eppure la prospettiva sembrava diversa. Il Parlamento più verde e più rosa della storia repubblicana veniva salutato come un altro 25 Aprile, la liberazione di una nazione oppressa dalle cariatidi del Palazzo. La media anagrafica più bassa di sempre (48 anni, con 34 deputati under 30) e il 31% di donne tra gli eletti: uno sbarco di forze fresche che avrebbero arieggiato i locali della politica prima di soggiornarvi. Portabandiera del cambiamento era stata nominata la 25enne grillina Marta Grande e chi osava dubitare dell'inesperienza veniva zittito come pericoloso reazionario. Tutto era splendido, Twitter aveva rivoluzionato la comunicazione e le dirette on-line di riunioni e congressi ci proiettavano finalmente nella civiltà.

Poi, improvvisamente, ci siamo svegliati e la scena era diversa, la stessa di sempre. Prima le consultazioni ancien régime di Bersani con parti sociali, consigli di fabbrica e delegazioni di condominio; poi il politichese quirinalizio dell'«esito non risolutivo», rivisitazione delle «convergenze parallele»; poi la scoperta che la saggezza è un po' come la pizza il mercoledì di coppa davanti alla partita in tv, ovvero un rito squisitamente maschile. E infine l'ennesimo amaro déjà vu: la saggezza è lottizzata e necessita di un manuale Cencelli per essere distribuita tra partiti, enti e caste.

Il risveglio è stato talmente brusco che all'Italia 2.0 in versione riveduta e corretta è sorto il dubbio di essere stata presa in giro. Il dubbio che le liste farcite di giovani siano illusorie, se poi nel momento delle decisioni serie ai giovani si danno in mano un seggio e un pallone e li si manda a giocare in Parlamento, «che ora ci pensano i grandi». Il dubbio che l'insistenza sulle quote rosa nei cda aziendali, nei consigli comunali e persino nel wrestling o nel sumo, sia ipocrisia, se poi alla prova dei fatti si scopre che la donna saggia è considerata creatura mitologica come lo yeti. Il dubbio che gli «hashtag» siano una moda, se poi siamo ancora fermi ai «severi moniti». E soprattutto il dubbio che sia facile fare i giovanilisti politically correct in tempo di pace per accalappiare voti, salvo poi affidarsi alla Realpolitik dei dinosauri nell'emergenza. Come se le competenze e il merito fossero a targhe, sessi ed età alterne.

E come se giovani e donne, risorse del futuro, potessero essere ridotti a mano di smalto ipocrita su fondamenta sclerotizzate, a foglia di fico - d'India - sulle pudenda del Paese.

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