Rubrica Cucù

Non globalizziamo la catastrofe

Se davvero i due miliardi di affamati dovessero sbarcare, sarebbe la fine del mondo, non solo dell'Italia. Sarebbe la globalizzazione della catastrofe

Care Veline di Papa Francesco, ringraziate il cielo che i disperati della terra non accolgono in massa l'invito a venire da noi. Perché se davvero i due miliardi di affamati dovessero sbarcare, sarebbe la fine del mondo, non solo dell'Italia. Sarebbe la globalizzazione della catastrofe, altro che. Per carità, il Papa fa il Papa, la carità e l'accoglienza sono doveri evangelici anche quando cozzano con la realtà e col buon senso.

E poi il Papa sa bene che la Chiesa può trovare ormai più udienza e devozione tra gli umili della terra che dalle nostre parti. Certo, un Papa dovrebbe occuparsi della scomparsa di Dio dal mondo, della fede che muore in occidente. Ma non ci aspettiamo che il Papa faccia il ministro dell'immigrazione; vorremmo solo che il ministro dell'immigrazione non facesse il Papa. Traduco: è nelle mansioni di un Papa adoperarsi per accogliere anziché respingere, ma è compito di un governo frenare, regolamentare e respingere con civiltà l'immigrazione clandestina. Il primo parla nel nome della carità, il secondo della realtà; il primo si occupa di martiri e pietà, il secondo di vivibilità e ordine pubblico. In un bicamere e cucina non puoi ospitare comitive intere. Bussate e vi sarà aperto, non forzate la porta ed entrate in massa (magari islamici).

Che bravo il Papa a Lampedusa, però vorrei un governo che dicesse: l'ammiriamo Santità, ma noi dobbiamo garantire condizioni di vita civili alla nostra comunità, non abbiamo la forza e la capienza per garantirle al mondo intero.

Ciascuno ha la sua croce.

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