Cultura e Spettacoli

Nanni Moretti, il più rococò dei marxisti

Chi lo beatifica, chi lo arruola tra i liberali. Ma è il campione di chi si crede moralmente superiore perché "raffinato"

Nanni Moretti, il più rococò dei marxisti

Per rovesciare una famosa battuta: sì, il dibattito sì. Anche se riguarda proprio il venerato maestro Nanni Moretti, fresco di compleanno, refrattario al dibattito fin dai tempi del film Io sono un autarchico (la famosa battuta è sua).
Mettiamo subito da parte le celebrazioni di rito, identiche l'una all'altra, dalle quali abbiamo appreso che: Nanni è uno splendido sessantenne; Nanni è la coscienza critica della sinistra; Nanni aveva ragione sul Caimano; Nanni ha girato solo capolavori; Nanni è stato un distributore illuminato (peccato la Sacher abbia chiuso). Non uno che abbia citato il sarcasmo col quale Dino Risi liquidava il Moretti autore e attore: «Sta sempre in primo piano, occupa lo schermo, ingombra la scena. Viene voglia di dirgli: spostati, lasciami vedere il film». Dimenticato anche il caustico Edmondo Berselli che in Venerati maestri sfotteva a più non posso «il supercilioso, lo schifiltoso, naso arricciato, il disgustato Nannimoretti... Un antitaliano anche lui, Nanni. Uno che senza dubbio gli facevamo tutti schifo». Vabbè.

Ci ha pensato il Foglio ha riequilibrare il giudizio sul Moretti para-politico, e agli effetti prodotti dal suo raggiunto status di guru: «Lui faceva (buon) cinema, gli altri facevano (cattiva) politica». Gli altri in effetti rimuginavano sulle parole di Nanni, convinti di trovare indicazioni utili per un programma di partito. «D'Alema, di' una cosa di sinistra», «Continuiamo a farci del male» o anche «Con questi leader non vinceremo mai»: grandi assolo divenuti la solita solfa, buona per ogni occasione in cui ci sia da delegittimare (da sinistra) il Partito democratico. Con i risultati che abbiamo sotto gli occhi.
Ma veniamo alla vera sorpresa. Ieri Repubblica ha pubblicato una frizzante Lettera a Nanni Moretti spedita da Alessandro De Nicola, avvocato ed economista. Non era facile trovarla, accanto a un editoriale di Rodotà, imboscata nella pagina dei commenti, là dove vanno a spiaggiarsi gli articoli noiosi e inutili. Il mittente tenta l'impresa disperata, addirittura insensata, cioè arruolare il regista tra i liberali. Fa sul serio? Vuole provocare? Entrambe le cose, a occhio. Scrive De Nicola: a dispetto dell'impegno personale e dell'odio per Berlusconi, un esame dei film di Moretti spinge a credere che egli sia «un individualista, cultore delle virtù borghesi della responsabilità, del merito e della sobrietà». Il regista dunque guarderebbe «con diffidenza sia alle masse sia allo Stato e con benevolenza alle libere professioni e agli imprenditori» e affermerebbe «il primato della coscienza individuale rispetto a quella collettiva». Infine, ecco la bestemmia che potrebbe scandalizzare tutte le Chiese: «In poche parole, Moretti è l'archetipo dell'intellettuale liberale con tendenze anarchiche e gusti conservatori». Si può immaginare la reazione gioiosa sia dei girotondini sia dei lettori di Prezzolini. De Nicola argomenta: i ricchi non sono mai personaggi negativi (a parte Silvio); la Rai è sbeffeggiata (Sogni d'oro); lo spreco di denaro pubblico è messo alla berlina (Caro Diario); Nanni interpreta quasi sempre un libero professionista; la classe operaia viene evocata ma di fatto non compare mai; le case sono belle, ben arredate; la scuola pubblica è ridicola (Ecce Bombo, Bianca); la sanità privata è valorizzata (Caro Diario); la cultura è rigorosa e tradizionale (Palombella rossa); il valore più importante è la famiglia (La stanza del figlio).

Be', liberale decisamente no. Almeno fino a quando non vedremo una pellicola di Moretti inneggiare allo Stato minimo, quindi mai. Però il «provocatore» De Nicola coglie un aspetto interessante: il Moretti straborghese. Visto che è in corso un dibattito, ecco l'opinione del Giornale. Il regista è un esemplare tipico di quella borghesia italiana che, pur godendo di ogni privilegio offerto dal mercato, si oppone al capitalismo sposando di volta in volta il comunismo, il giacobinismo, la decrescita. Questa borghesia tiene il portafogli a destra e la coscienza a sinistra. Ed è molto influente. Volete un caso simile? L'avvocato Guido Rossi firma articoli sul Corriere (giornale della grande borghesia del Nord) dal titolo Il mercato che uccide la democrazia è il nuovo Leviatano degli egoisti. Incredibile, no? Bene, ora chiedete a Guido Rossi di presentarvi una parcella che non tenga conto dei prezzi di mercato. Poi fateci sapere cosa vi ha risposto.

Non c'è da stupirsi che la classe operaia non appaia nei film di Moretti.

Nanni è interprete di una forma residuale di comunismo, definita da Tom Wolfe «marxismo rococò», secondo la quale tocca alle élite democratiche (postcomuniste) guidare lo Stato in virtù di una innata raffinatezza, indice di superiorità morale. In quest'ottica il proletariato è solo un intralcio perché si prende la libertà di votare chi gli pare. Incluso il Caimano.

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