Politica

Quel "favore" al Cav che tormenta Michele

Santoro alza il tiro per farsi perdonare l'"aiutino" a Berlusconi

Quel "favore" al Cav che tormenta Michele

«La storia delle serate di Arcore e delle signorine è arcinota a tutti. Non frega più niente a nessuno. Parliamo di quelli che hanno permesso a Berlusconi di stare lì per vent'anni. Perché il dramma di questo Paese è che Berlusconi non è stato sconfitto politicamente». Collegato da Venezia con Servizio pubblico Massimo Cacciari sbraitava, come spesso fa, mettendo il dito sulla piaga. Stavolta il dito l'ha, involontariamente, messo anche nel subconscio di Michele Santoro. Qualche settimana prima uno che lo conosce bene come Carlo Freccero l'aveva detto chiaro e tondo intervistato dall'Espresso. Credo che Santoro «abbia la consapevolezza di essere alla fine di un ciclo. Quello che doveva dare, lo ha dato: gli tocca solo attendere che sulla sua storia, e su quella del nemico Berlusconi, cali il sipario. In parallelo». Sul ciclo di Michelone pesa come un macigno la famigerata puntata di Servizio pubblico del 10 gennaio scorso. Quella della spolverata alla sedia di Marco Travaglio. Quella che fece da trampolino per la rimonta del Pdl alle ultime elezioni. Santoro incassò il pienone di ascolti e Berlusconi di voti. Ma ora, a dieci mesi di distanza, in piene larghe intese e in piena fase di stallo istituzionale, quella serata resta impressa come un peccato originale. E scava nella psicologia come un grosso tarlo nell'armadio. Nelle prime quattro puntate della nuova stagione Santoro ne ha dedicate due al «nemico Berlusconi». In una, quella d'esordio intitolata La politica sporca, aveva come guest star il senatore Sergio De Gregorio, pentito della presunta compravendita dei senatori. Nell'altra, Perdono di Stato, era ospite «d'onore» la modesta attrice Michelle Bonev, ribattezzata «pentita delle mutande» da Maurizio Belpietro. Non esattamente esempi di testi a prova di bomba. Ma la logica è quella del tanto peggio tanto meglio. E dunque. In questi giorni nell'agenda della povera Italietta ci sono la svendita di Alitalia e Telecom, la legge di Stabilità e le nuove tasse, l'emergenza carceri e i partiti che si sfaldano. Ma Santoro preferisce restare concentrato sul suo personale Moby Dick. Al contrario di quanto aveva preconizzato Freccero, però, non ha in mente di raccontare l'epilogo del Cav «con parole generose, quasi romantiche». Tutt'altro. C'è da sgravare la coscienza. C'è da ribaltare l'accusa di aver rimesso in gioco l'avversario in disarmo, dimostrando al suo pubblico di riuscire laddove la politica e la sinistra non sono riusciti. Così ha raschiato il barile della Bonev. Mostrando che Berlusconi ha usato il denaro della Rai per finanziare il suo improbabile film. Un errore grave, certo. Però sommerso sotto una montagna di gossip fangoso. Il cui effetto collaterale è il ricompattamento di tutto il Pdl attorno al leader, senza distinzioni tra falchi e colombe. Se lo scopo delle serate santoriane è dare il colpo di grazia al «Ventennio berlusconiano», conviene fare attenzione all'eterogenesi dei fini. «Il dramma di questo Paese è che Berlusconi non è stato sconfitto politicamente», ripeteva Cacciari.

Chissà se a Michelone fischiavano le orecchie.

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