Politica

Il blitz della sinistra per far sparire lo scandalo rimborsi

Il governatore dell'Emilia-Romagna Errani ha chiesto ai deputati Pd di far passare una legge che abolisca i controlli della Corte dei Conti

«Così fan tutti», diceva l'ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio Franco Fiorito, apripista degli scandali dei rimborsi regionali. E pare proprio avesse ragione, viste le inchieste aperte un po' ovunque, ultima quella nella rossa Emilia. Proprio da lì, dalla roccaforte del Pd, dove i politici locali chiedevano di farsi ripagare qualsiasi spesa fosse anche lontanamente riconducibile al loro lavoro - compresi i 50 centesimi per l'ingresso in un bagno pubblico il cui scontrino è stato regolarmente rendicontato - sta partendo in questi giorni, e in sordina, una controffensiva per «salvare» i consiglieri spendaccioni da indebiti controlli. È Vasco Errani, che governa la Regione da quasi 15 anni, a guidarla. A riportare nei dettagli la notizia è il Fatto Quotidiano. Una vicenda scandalosa, che la dice lunga sul modo in cui la sinistra sta cercando zitta zitta di salvare la bella vita dei consiglieri a colpi di emendamenti, cercando appigli tra un codice e l'altro. Due emendamenti per l'esattezza, inviati la scorsa settimana da Errani alle commissioni Lavoro e Affari costituzionali della Camera dei deputati dove si sta lavorando al decreto sui risparmi nella pubblica amministrazione.

Dopo la notizia delle indagini sulle spese pazze dei consiglieri regionali dell'Emilia-Romagna per comprare salami, formaggi, penne, asciugacapelli, divani-letto, o anche per cene di beneficenza, il governatore ha deciso di non aspettare con le mani in mano l'esito degli accertamenti della Corte dei conti sul milione e 800mila euro di spese irregolari, ma ha preso carta e penna per redigere un documento di tre paginette con cui chiede di fatto ai deputati del Pd di lanciargli una ciambella di salvataggio. Come? Modificando la normativa che riguarda i controlli della Corte dei conti sulla «gestione finanziaria degli enti territoriali», quella stabilita nel 2012 dal governo Monti per frenare in qualche modo gli scandali delle spese fuori controllo delle varie Regioni, a partire dal Lazio, con gli eccessi del caso Fiorito, fino alla Lombardia, alla Campania, al Friuli, alla Liguria.

I giudici contabili devono verificare se le spese sostenute dai vari consiglieri regionali avessero davvero a che fare con l'attività istituzionale. Gli emendamenti, presentati da Errani «come iniziativa dei presidenti delle conferenze delle Regioni e dei presidenti dei Consigli regionali», vorrebbero invece legargli le mani, facendo decorrere la normativa solo dal 2013, mentre le spese pazze risalgono per lo più agli anni precedenti. Un vero e proprio colpo di spugna, dunque. L'aggancio naturalmente c'è: è quello dell'«interpretazione autentica» di alcuni articoli del decreto legge 174 affinché vengano «chiariti i numerosi dubbi che la prima giurisprudenza della Corte dei conti, con pronunce anche radicalmente contraddittorie tra loro, ha evidenziato in relazione alla portata della nuova disciplina dei controlli sui rendiconti dei gruppi consiliari». Una questione di chiarezza, insomma. Ma non solo. Nel secondo emendamento c'è la stoccata finale a difesa dei privilegi. Scomodando anche l'articolo 103 della Costituzione, Errani arriva a sostenere che «i rendiconti dei gruppi consiliari hanno natura meramente amministrativa e, come tali, non sono assoggettabili al giudizio di conto davanti alla Corte dei conti».
Il presidente dell'Emilia-Romagna ci aveva già provato a difendere i suoi consiglieri percorrendo un'altra strada e arrivando fino alla Corte costituzionale.

Nel ricorso, deciso dall'intera giunta emiliana, si contestavano i rilievi della Corte dei conti come «lesivi dell'autonomia e delle competenze costituzionali della Regione».

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