Rubrica Cucù

Salviamo la Turchia dall'Europa

Perché un Paese vitale, un popolo fiero della sua identità dovrebbe ridursi a fanalino di coda dell'Unione?

Da anni sostengo che sarebbe una sciagura accogliere la Turchia in Europa. Perché si tratta di civiltà diverse, con radici e storie diverse e per secoli anche aspramente rivali. La Turchia poi sarebbe la porta dell'Islam e il Paese più popoloso d'Europa. Alleanze militari e commerciali sì, unione europea no. Confermo tutto, ma con un doveroso emendamento: se la Turchia entra in Europa sarebbe una sciagura pure per la Turchia. Lo dico dopo aver visitato Istanbul dopo tanti anni. Allora comprai Il Giornale con una banconota da un milione di lire turche, oggi ho pranzato a base di ottimo borek con sei lire (2 euro). Ah, la lira, vi ricorda qualcosa? La Turchia è un Paese vitale, un popolo fiero della sua identità, senza turbe d'immigrati, con un'economia vivace e un popolo giovane. Con un ordine, una manutenzione e un'efficienza che noi ce la sogniamo, un tram magnifico ogni minuto nel cuore della città, un metrò per l'aeroporto, altro che Roma, Napoli e Milano. Hanno i loro guai, ci sono gli integralisti, le tensioni, la crisi non li risparmia, le povere periferie. Ma la Turchia reagisce da grande nazione.

Perché dovrebbe ridursi a fanalino di coda dell'Europa, subire i diktat contabili degli eurocrati, sottomettersi a banche, finanza e agenzie di rating? Un impero antico e glorioso, anche feroce, figlio di Bisanzio, Costantinopoli e poi ottomano, perché dovrebbe scadere al rango di Terrone Cattivo d'Europa? Come mi ha detto il vispo venditore di borek «noi stiamo bene qui, da voi invece succedono cose turche».

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