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Aboliti i rimborsi ai partiti. Dal 2017

Aboliti i rimborsi ai partiti. Dal 2017

RomaNiente più finanziamento pubblico ai partiti. Lo sbianchettamento è avvenuto con l'approvazione da parte della Camera dei deputati del decreto del governo Letta già approvato dal Senato e così convertito in legge. Il decreto è stato approvato con 312 sì, 141 no e 5 astenuti. A favore hanno votato Pd, Fi, Ncd, Scelta civica e Per l'Italia. Contro Lega, Sel e M5s. I deputati grillini hanno protestato, esibendo peraltro cartelli con la scritta: «Mollate il malloppo», fin quando i commessi di Montecitorio non sono intervenuti.
La verità sta nel mezzo. Il finanziamento pubblico diretto e indiretto ai partiti sarà ridotto progressivamente nei prossimi anni (del 25 per cento quest'anno, del 50 nel 2015 e del 75 nel 2016) fino a scomparire totalmente nel 2017 e sarà sostituito da contribuzioni volontarie dei cittadini - che potranno beneficiare di agevolazioni fiscali - e la destinazione volontaria del 2 per mille Irpef. Ognuno di noi potrà decidere se e a chi dare i propri soldi. L'accesso ai fondi sarà condizionato all'iscrizione delle formazioni politiche a un apposito registro e al rispetto di requisiti di trasparenza e democraticità, quali statuti che rispettino i principi della democrazia interna e la trasparenza dei bilanci che dovranno essere consultabili online.
Le donazioni non potranno eccedere in nessun caso i 100mila euro e sono previste severe sanzioni per chi sfora il tetto. Altre norme contenute nella legge prevedono la riduzione delle risorse loro spettanti per i partiti che non rispettano le norme in materia di parità di accesso alle cariche elettive, l'assoggettazione a Imu degli immobili dei partiti politici e l'estensione al personale dei partiti della disciplina sul trattamento straordinario di integrazione salariale e di contratti di solidarietà. La nuova disciplina pone fine a un percorso spesso ambiguo di riduzione dei contributi diretti ai partiti, che furono istituiti nel 1974, poi abrogati dal referendum del 1993 e «riciclati» sotto forma di contributi per le spese delle campagne elettorali, a sua volta sottoposti a referendum abrogativo nel 2000 senza che però la consultazione raggiungesse il quorum.
Poi è partita la gara a prendersi i meriti della nuova legge: «L'impegno preso dal Pd di riformare il finanziamento ai partiti è stato portato a termine», si vanta la deputata dem Alessandra Moretti. «Un provvedimento che poteva essere ulteriormente rafforzato, ma che comunque, con il contributo del Ncd, esce dal Parlamento sensibilmente migliorato», si bea il vicecapogruppo del Ncd alla Camera, Dorina Bianchi. Scettico il capogruppo grillino Federico D'Incà: «È la prima bugia di Renzi. Non sarà in alcun modo abolito, ma ci sarà solo una piccola riduzione fino al 2017 e poi cambierà nome».

Contrari anche Fratelli d'Italia («Si regalano i partiti alle lobbies», si rammarica il deputato Fabio Rampelli) e Sel («Una riforma che peggiorerà la qualità della nostra democrazia», afferma il tesoriere Sergio Boccadutri).

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