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Affittasi cucina al ristorante per chi vuol sentirsi Cracco

Mettersi ai fornelli di un ristorante, guidare una vera brigata di cucina e preparare una cena completa, dall'aperitivo al dolce, per gli ospiti in sala? Quello che era solo un sogno per cuochi dilettanti e appassionati gourmet titillati dall'idea di «passare dall'altra parte», ora è diventato un desiderio realizzabile. Una nuova opportunità si sta infatti affermando nel mondo della ristorazione italiana. Sono sempre più i locali, sparsi uniformemente in tutta la Penisola, che offrono la possibilità di prendere in affitto per alcune ore le proprie cucine, per provare l'ebbrezza di essere «chef per una sera».
Una pratica che in altri paesi europei è già piuttosto diffusa e che annovera, fra le esperienze più rodate e di più vasto successo, quella del bistrot «La table de Claire», a Parigi, la capitale mondiale dell'alta gastronomia. Per gioco i due cuochi proprietari presero a invitare nella propria cucina i clienti più appassionati per condividere l'esperienza dell'ideazione e preparazione di un menu. Il successo fu molto ampio, tanto da essere raccontato nel libro «Moi, chef d'une soir» (Editions du Chêne, 2008), e da divenire un appuntamento fisso che, ancora oggi, si ripete una volta al mese.
Nel nostro Paese l'esperienza del «cuoco per una sera» con affitto di cucina sta assumendo i contorni di vera e propria tendenza: la risposta a una precisa richiesta nata sull'onda del successo di alcuni programmi televisivi (che vedono i partecipanti impegnati a mostrare le proprie capacità culinarie) e, più in generale, al sempre maggior interesse che suscita il mondo del cibo e del vino. «Tutti possono cucinare» viene detto nel cartone animato Ratatouille, e l'esperienza dello «chef per una sera» consente appunto di dare libero sfogo alla creatività, con l'aiuto di strumenti professionali normalmente assenti in una comune cucina di casa. Ma è pure un modo per allontanarsi, anche se solo per poche ore, dalla routine quotidiana. «A chiederci di affittare la cucina sono appassionati, fra i trenta e i cinquant'anni» ricorda Stefania Cortigiano del ristorante Voltalacarta (Genova), locale che è stato fra i primi in Italia a offrire quest'opportunità «e sono per la maggior parte uomini, professionisti, che sognano di aprire, in un futuro non troppo lontano, una propria trattoria, reinventandosi una vita, magari in campagna, distante dai ritmi stressanti della città».
Non è difficile prendere in affitto una cucina. L'unica condizione che i ristoranti pongono è un numero minimo di commensali. In genere l'affitto è disponibile solo nel giorno di chiusura settimanale del locale, anche per ovviare alle rigide normative sanitarie. Tutto il resto si può concordare, decidendo con la proprietà.
Gli aspiranti chef più coraggiosi possono domandare di essere lasciati completamente soli in cucina, mentre i più insicuri (o quelli più desiderosi di spiare i «trucchi segreti» che rendono inimitabile un piatto) possono richiedere la presenza del cuoco titolare. Ugualmente da contrattare sono l'intervento di una brigata di cucina (stimolante dal punto di vista organizzativo e utile se gli ospiti in sala sono in numero superiore a venti) e di uno o due camerieri che aiutino nel servizio. I costi non sono proibitivi: si parte da poche centinaia di euro, salendo in base al numero dei commensali, alla presenza o meno del personale, all'acquisto degli ingredienti e dei vini (che può essere fatto dallo «chef per una sera» o dal ristoratore).
In sala, a gustare il pasto, sono gli ospiti del cuoco, amici e parenti chiamati a vestire per l'occasione i panni di clienti.

Saranno loro, severi critici o clementi giudici, a decretare la riuscita di una cena che lo «chef per una sera» di certo non dimenticherà facilmente.

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