Economia

Le agenzie di rating minacciano il governo

Stime al ribasso di S&P. Ma Saccomanni dà altri numeri: "Torniamo a crescere all'1%"

Le agenzie di rating minacciano il governo

Roma - Sembra di essere ritornati ai vecchi tempi, con le agenzie internazionali di rating che azzannano il nostro governo. Stavolta tocca ad Enrico Letta finire sulla graticola. Gli analisti di Standard & Poor's giudicano ancora «negative» le prospettive dell'Italia perché, scrivono in un rapporto dedicato ai rischi dei debiti sovrani, «non siamo ancora certi della tenuta delle attuali tendenze dell'economia e delle politiche economiche». L'Italia crescerà poco, «circa lo 0,5% l'anno dal 2014 al 2016», e tali prospettive «sono fonte di continui dubbi sul debito pubblico italiano».
Insomma, una vera e propria doccia fredda, mentre il governo si aggrappa ai primi, incerti segnali di ripresina economica dopo anni di recessione. Il rating, ossia la valutazione di affidabilità, del debito italiano è per Standard & Poors a livello «BBB». L'ultimo downgrading, in sostanza l'ultima retrocessione, è del 9 luglio scorso. In quell'occasione l'agenzia statunitense ha confermato anche le prospettive negative. Secondo il rapporto, il debito pubblico italiano dovrebbe raggiungere il 134% del prodotto interno lordo alla fine del 2014.
Rischi sui conti pubblici, bassa crescita e mancate riforme economiche sono alla base dell'analisi negativa di S&P. Un tasso di crescita annuale dello 0,5% fra il 2014 e il 2016, osserva il rapporto, fa sì che anche fra due anni lo sviluppo economico sia inferiore del 7% ai livelli visti nel 2007, primo anno della crisi. A limitare la crescita, «nonostante qualche spunto di ripresa, sono la debole domanda di lavoro, le ristrette condizioni del credito e le condizioni deflazionistiche». Il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni, in un'intervista al quotidiano economico tedesco Handelsblatt, prevede una crescita 2014 dell'1%, il doppio rispetto alle stime di Standard & Poor's. Dopo otto trimestri negativi l'economia ora è tornata a crescere», aggiunge. Tuttavia ammette che «la ripresa congiunturale è certamente ancora debole e la disoccupazione ancora alta».
L'agenzia di rating potrebbe rivedere a «stabili» le prospettive del nostro Paese, se il governo Letta realizzasse le riforme sui mercati del lavoro, dei prodotti e dei servizi, cioè «le liberalizzazioni necessarie a portare l'economia italiana verso una maggiore crescita». Per quanto riguarda il mercato del lavoro, il rapporto suggerisce di ridurne la frammentazione, di decentrare la contrattazione salariale e di promuovere la flessibilità e l'occupazione. Dal punto di vista politico, sarebbe essenziale quella che l'agenzia definisce «un miglioramento della governance». La riforma elettorale è «essenziale», in quanto il sistema attuale è causa di una azione politica debole.
Allargando lo sguardo all'Europa, S&P conferma che quest'anno una «lenta ripresa» si manifesterà nella zone euro, «ma è prematuro dichiarare che i problemi sono finiti». Si stanno manifestando fra l'altro, in diversi Paesi dell'area, rischi di deflazione «che potrebbero mettere a repentaglio sia il settore pubblico che quello privato».
Il rapporto di Standard & Poor's non ha avuto effetti negativi sull'asta di ieri di titoli pubblici: i tassi d'interesse sono rimasti molto bassi. Ma un minimo di movimento si avverte sullo spread: il differenziale fra titoli decennali italiani e tedeschi si è aggirato intorno ai 217 punti, mentre quello fra i bonos spaglioli e i bund tedeschi è sceso a 201 punti base.

Ieri, per i mercati, la Spagna era più affidabile di noi.

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