Politica

No Silvio, no party

Senza Berlusconi in campo, la sinistra vince ovunque. Con Alemanno si estingue la destra, il Nord licenzia la Lega

Due elettori in un seggio elettorale a Roma
Due elettori in un seggio elettorale a Roma

No Silvio, no party. Non è una battuta, ma la verità politica confermata dal risultato delle amministrative di ieri. Quando il capo non è in campo personalmente, con il suo nome sulla scheda e la sua faccia in tv, il Pdl annaspa e non sempre per demeriti dei candidati uscenti o nuovi. È che parliamo di un partito a chiara vocazione nazionale, non strutturato sul territorio, non alla pari con il suo competitor di sinistra del quale non ha né la storia né l'anzianità di servizio. I non pochi successi ottenuti in passato a livello amministrativo sono quasi sempre avvenuti in scia della galoppata del leader, cioè in coincidenza con elezioni nazionali.
Non sorprende quindi la disfatta di ieri, del resto ampiamente prevista. Berlusconi non ci ha messo la faccia e forse neppure il becco, il partito è stato distratto dalle vicende nazionali, probabilmente appagato dal miracolo delle politiche. E, in più, il paragone rispetto a cinque anni fa è improponibile perché nel frattempo c'è stata la scissione del Fli, quella di Fratelli d'Italia, la traumatica uscita di scena di Bossi con il conseguente crollo della Lega. Se pochi anni fa il Pdl poteva contare al Nord su un alleato, il Carroccio, che rastrellava dal 20 al 30 per cento dei voti, oggi si deve accontentare di un partner che a fatica si avvicina al 10. Non sono cose da poco.
Tutto ciò porta a tre considerazioni. La prima: chi dentro il Pdl ha vagheggiato o vagheggia la possibilità di pensionare Berlusconi e tifa per una Lega debole è solo un candidato al suicidio-omicidio (di noi moderati liberali). La seconda. Il caso Alemanno, al di là di possibili colpe del sindaco uscente, dimostra la fine della destra sociale come soggetto politico capace di incidere e attirare consensi anche da aree più moderate. La terza: se il Pd pensa di usare il successo delle amministrative in chiave politica, sbaglia i conti e pure di grosso. A Roma, Marino ha vinto da oppositore interno, rifiutando di affiancare sui manifesti la sua faccia al simbolo del partito. Così come ovunque il partito ha perso voti, ingoiati da un'astensione che non ha guardato in faccia nessuno.
Insomma, se qualcuno da quelle parti vuole strappare, si accomodi. Ma prima dia un occhio ai sondaggi nazionali e trovi un leader capace di tenere insieme il pollaio della sinistra.

Auguri.

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