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Altro che crisi e riforme: il governo Renzi pensa ai bagnini

Il Cdm si riunisce per parlare di norme sui bagnini nelle terme. Italicum fermo, Jobs Act rinviato: che fine ha fatto la fretta del premier? E gli italiani hanno sempre meno fiducia in lui

Altro che crisi e riforme: il governo Renzi pensa ai bagnini

La legge elettorale a febbraio - siamo in ritardo di una settimana -, la riforma del lavoro a marzo, quella della pubblica amministrazione ad aprile, quella del fisco a maggio. Una scaletta serrata quella dettata da Matteo Renzi all'inizio del suo mandato. Ma a che punto siamo?

A parte l'Italicum che continua a ricevere stop su stop - ma nessuno pensava davvero che la partita potesse essere chiusa in dieci giorni dall'investitura -, del tema del lavoro al momento non esistono che promesse. Anche il documento redatto dal premier, il cosiddetto Jobs Act, non è ancora stato portato sul tavolo. Se ne parla solo a partire da mercoledì prossimo, quando sarànno già passate quasi due settimane dall'inizio del mese.

Eppure il Consiglio dei ministri si è riunito anche questa mattina. Volete sapere di cosa hanno discusso per un'ora e un quarto Renzi e gli altri membri del governo? Di leggi regionali. "Su proposta del Ministro per gli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta, il Consiglio dei Ministri ha esaminato diciannove leggi regionali e delle Province autonome", si legge nel comunicato diffuso al termine della riunione. Un'ora e un quarto per decidere di impugnare due leggi abruzzesi: una su un centro regionale di audiologia e sulle "norme per la formazione di massaggiatore e di capo bagnino degli stabilimenti idroterapici", l'altra sulla "promozione delle attività di cooperazione allo sviluppo e partenariato internazionale". E basta.

Certo, anche l'esame e l'eventuale decisione di impugnare le leggi regionali rientra tra i compiti e le prerogative del governo e non dubitiamo che la questione dovesse essere esaminata oggi. Ma che fine ha fatto la fretta di Renzi?

Non stupisce quindi che, in appena due settimane, la fiducia nel premier sia scesa di ben 7 punti, passando dal 62 al 55%.

E quella nell'esecutivo non è messa meglio: dal giorno del giuramento i ministri hanno perso già 6 punti (dal 56 al 50%), come rivela un sondaggio dell'Istituto Ixè in esclusiva per Agorà-Rai.

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