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Armani gioca il tris (e vince) con il bianco, il rosso e il nero

da Parigi

Le modelle escono da una gigantesca scatola di lacca nera con i sublimi modelli nei colori delle carte da gioco: bianco, rosso e nero. «Rien ne va plus» sembra gridare Giorgio Armani con la geometrica potenza creativa della sua collezione Privè per il prossimo inverno in passerella ieri sera a Parigi. «Les jeux son faits» dovranno dirsi le ricche e fortunate signore che possono permettersi i costi proibitivi dell'alta moda. Si tratta infatti di autentiche opere d'arte moderna da indossare: il trionfo della tradizione sartoriale nella più ardita sperimentazione di forme e materiali. Come la cappa fatta da un origami di piume scarlatte oppure nere, o il minitailleur con le braghette al posto della gonna e la giacchina scostata dal corpo in nylon rosso che sembra mohair. Le spettacolari creazioni da sera sono invece realizzate, ricoperte o velate dalla cosiddetta «tundra»: il tulle che in sartoria si usa per sostenere le forme dall'interno, l'evoluzione della crinolina settecentesca. Armani la trasforma in un magistrale effetto di dissolvenza su queste donne che fanno pensare alle eroine di Goya con l'assoluta intensità di Amalia Rodrigues, la regina del «fado» portoghese. «Colpa delle mantiglie» taglia corto Armani mentre sistema sulla testa delle modelle le strepitose velette in plumetis lunghe fino ai piedi. In alcuni casi sulla reticella nera sono applicati dei grossi bolli di stoffa rossa o plexiglas luccicante: una grafica punteggiatura sul viso delle ragazze. Stavolta sono sorprendenti perfino gli accessori, a cominciare dai curiosi guantini in lattice rosso che i giovani assistenti non volevano far sfilare temendo l'effetto «massaia con il Mocio Veleda» mentre lui ha giustamente tenuto duro perché la gomma alla fine sembra capretto ma è molto più sperimentale. C'è la più alta sperimentazione di moda dietro a ognuno dei 68 capi presentati, a cominciare dal fulminante bolero tondo del finale che sembra un piumino di struzzo ma invece è fatto da innumerevoli budellini di organza rossa tagliati e cuciti a mano. Sotto c'è un semplicissimo abito a colonna con tanto di strascico nella stessa tinta della passione. «Il bianco ci ha fatti dannare: volevo una speciale tonalità stucco difficilissima da ottenere perché contiene una punta di grigio» racconta lui avvertendo che poi in passerella i tre colori delle carte da gioco diventano uno solo, quello della seduzione. Non per nulla l'80 per cento delle uscite prevede gonne corte anzi cortissime e tanti short quasi sempre in completo con giacche, cappe con le maniche o cappottini in mezze perle di metallo, frange di vinile, cubetti di Swarovsky, ciniglia tagliuzzata a mano. Insomma dalla scatola magica della sua inesauribile creatività Armani fa sfilare una donna che vince e stravince sul grande tavolo dell'alta moda francese. Bravo, anzi bravissimo anche Giambattista Valli, talento inquieto dal carattere malmostoso che il prossimo settembre arricchirà il calendario di Milano con la sfilata della sua nuova linea chiamata Giamba. Per l'alta moda presentata l'altra sera al Gran Palais il nostro eroe manda in scena una divina creatura che nella prima parte della sfilata ricorda Simone de Beauvoir con i capelli avvolti in un turbante fatto dal tovagliolo dello champagne, gli occhiali da sole, l'abito a grandi rigoni trasversali: la quintessenza del glamour.

Indimenticabili gli abiti da sera con grandi e spumose gonne degne di Madame Gres sotto a semplici camicie maschili.

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