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Assurdo dire no al lavoro di domenica

Lo sciopero delle commesse va contro la storia. E la realtà: sono già decine i mestieri che si fanno nei festivi

Assurdo dire no al lavoro di domenica

È giusto o è sbagliato lavorare di domenica? Il tema è tornato d'attualità proprio ieri quando, in molte città italiane, il movimento «Occupy Sunday» ha organizzato manifestazioni contrarie. Una sorta di sciopero delle commesse: donne, mogli, fidanzate; ma anche uomini, mariti e padri sono scesi in piazza per contestare la possibilità dei datori di lavoro del commercio e della grande distribuzione in particolare, di organizzare le aperture domenicali, come concesso dalla legge che da oltre un anno prevede la liberalizzazione degli orari. Salvo deroghe locali e regolamenti comunali particolari che però, al momento, non ci interessano. Perché quello che è in discussione è il principio: lavorare o non lavorare la domenica.

La risposta è semplice: perché mai dovrebbe essere vietato? Vietato lavorare e vietato non lavorare: sono entrambe due mostruosità. Qui non è in discussione il riposo, né le condizioni di lavoro: il contratto (salvo integrazioni di maggior favore) garantisce due giorni di relax ogni 14, prevede una maggiorazione salariale del 30%, un massimo di 25 domeniche annuo e deroghe per chi ha situazioni familiari o personali particolari, che viene per questo esentato. La questione è molto più di nicchia: riguarda un certo giorno della settimana e poche categorie di lavoratori. Perché, se ci pensate un attimo, c'è chi la domenica ha sempre lavorato. Ferrovieri, piloti, assistenti e controllori di volo, tramvieri, taxisti, autisti, ristoratori, camerieri, cuochi, pasticcieri, bigliettai del cinema, dello stadio, di teatro, di museo, dei treni, casellanti, benzinai, giornalisti, giornalai, tipografi, grafici, tabaccai, farmacisti, attori, acrobati, domatori, poliziotti, carabinieri, finanzieri, spazzini, facchini, chirurghi, infermieri, calciatori, allenatori, cestisti e pallavolisti. Più altrettante professioni che stiamo dimenticando. Persino e, anzi, soprattutto, cardinali, vescovi, prevosti e sacerdoti che la domenica dicono messa. E che invece sono tra i più convinti sostenitori di Occupy Sunday, come certifica Don Gianni Fazzini della diocesi di Venezia, secondo il quale la domenica è per i rapporti umani, «da non trascorrere nei centri commerciali, luoghi che paragono all'inferno».

Il nodo è proprio questo, perché è in quello stesso inferno che vorrebbero poter essere liberi di scorrazzare molti di quei mariti e mogli e fidanzati che ieri sono scesi in piazza. E se non è il centro commerciale, sarà un altro posto. Dove comunque ci sarà qualcuno che lavora, no? E, a turno, ci si alterna di settimana in settimana, scambiandosi, se così si può dire, i ruoli. Nel rispetto delle regole, dei contratti e pure di tutte le religioni, per una società laica e aperta anche a chi dedica al riposo o alla preghiera altri giorni, siano essi il venerdì piuttosto che il sabato.

Ma poi, per dirla tutta, cosa c'è di così irripetibile la domenica, che non si possa fare durante un altro giorno della settimana (quello del riposo compensativo, previsto dai contratti)? A parte la partita di calcio, quasi niente. Se poi si pensa che questa è ormai spalmata sul week end a partire dalle 18 del sabato fino alla sera della domenica, si può veramente dire che c'è ampio spazio per organizzarsi. Certo, riuscire a incastrare tutto sarà impossibile e a qualcosa bisogna pur rinunciare. Ma che sarà mai? Il mondo va in quella direzione lì. Quelle stesse commesse, crediamo, qualora decidessero di fare una vacanza in un'economia più avanzata e ricca della nostra, come quella americana per esempio, rimarrebbero molto deluse di fronte a una serrata domenicale a New York. Prendiamone atto. E andiamo oltre.

Bancari e assicuratori, preparatevi: i prossimi sarete voi.

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