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Attacco radical chic alla scuola privata

A Bologna firme e un referendum per togliere il finanziamento di un milione di euro agli istituti paritari

Attacco radical chic alla scuola privata

BolognaFirme radical chic e intellighenzia di sinistra hanno già detto «sì» per togliere il contributo di un milione di euro che il Comune di Bologna destina alle scuole paritarie private, per la loro sopravvivenza. Ma soprattutto per un principio di sussidiarietà che ha funzionato meglio che altrove, facendo sì che lo Stato potesse pemettersi soltanto una quota del 17% di copertura della domanda nelle scuole d'infanzia. La battaglia del referendum sulla scuola pubblica a Bologna si gioca tutta qui: nel tentativo da parte della Sinistra radicale di cancellare un sistema scolastico integrato che ha tolto le castagne dal fuoco ad uno Stato assente. È per questo che a sostenere la tesi del «no» al referendum del 26 maggio, oltre a Pdl, Lega, Udc e al laicato cattolico impegnato con in testa il Forumfamiglie regionale, Fism, e l'associazione genitori scuole cattoliche, da alcune settimane si è aggiunto anche il Pd. I Democrat dopo aver vinto le resistenze interne e del bacino storico di voti, tra cui quello della Cgil scuola, hanno scelto di sostenere la campagna referendaria che vede in prima fila il sindaco Pd Virginio Merola: segno che quando ci si sporca le mani con il fare, l'ideologia va in soffitta. Ma che la battaglia sulla scuola a Bologna sia l'esperimento pilota per una campagna nazionale dal sapore anti sussidiario e, al fondo, anti cristiano, lo testimoniano le convinte adesioni di Sel, Idv e Grillini e di tutto il frastagliato mondo associazionistico della Sinistra radicale che va dall'unione atei e passando per la Fiom arriva fino al collettivo di scrittori Wu Ming, attiguo al Pd, ma che nei giorni scorsi ha rimproverato a Merola di non essere arbitro della partita. La stessa posizione assunta nei giorni scorsi dall'attore forlivese Ivano Marescotti, che, per sostenere il Comitato Articolo 33, si è messo a capo di un manifesto a favore del «sì» con l'appoggio del circo laicista nazionale: da Margherita Hack a Moni Ovadia, da Fausto Bertonotti a Giulietto Chiesa. E ancora: Stefano Rodotà, Andrea Camilleri e Paolo Flores D'Arcais. E nuove adesioni stanno arrivando da regioni come il Friuli e la Puglia. In questi giorni a Bologna il clima è da Guelfi e Ghibellini. Il M5S ha anche provocato la Curia intimandole di coprire lei quel milione che si vuole togliere. Il Referendum è consultivo, ma un successo dei «sì», supportati da 13mila firme, aprirebbe il fronte a livello nazionale. Dall'altra parte a capitanare il comitato del «no», o meglio, del «B» («B come Bologna, B come bambini» è lo slogan) c'è un manifesto sottoscritto da 6.000 bolognesi con a capo il professore universiario Stefano Zamagni. Ora il Comune col milione erogato riesce a dare ossigeno a 32 scuole paritarie, la maggior parte cattoliche. Che cosa accadrebbe se d'un colpo dovessero venire a mancare questi soldi? «Tante scuole chiuderebbero - spiega al Giornale Sauro Roli, presidente dell'AgeSc (Associaizone genitori scuole cattoliche), ma in compenso, recuperando solo un milione, lo Stato si troverebbero a non riuscire a dare risposta ad un bacino di 1.700 bambini senza poter disporre di nuove scuole». Ad oggi il Comune per la scuola spende 120 milioni su un bilancio di 500 milioni. Per le materne comunali ne spende 32. Togliere quel milione per paritarie private sarebbe una goccia nel mare. Una goccia che, correttamente mantenuta all'interno del sistema integrato coprirebbe il 21% della domanda.

«Il fatto è che -conclude Roli - una buona fetta di intellighenzia di Sinistra è rimasta alla guerra fredda e ha interpretato in maniera strumentale l'articolo 33 dimenticando che dopo la modifica del titolo V e la legge 62/2000 Berlinguer, si sancisce che il sistema pubblico scolastico si fonda su tre pilastri: statale, paritario comunale e paritario privato».

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