Attese bibliche e prezzi alti Gli italiani non si curano più

Per ottenere una visita per il "dolorino" di oggi c'è da aspettare la prima neve. Mentre il ticket costa troppo: così con la crisi nove milioni rinunciano al medico

Attese bibliche e prezzi alti Gli italiani non si curano più

Non è un bel sentire quando si hanno pronte le valigie per le vacanze, ma purtroppo ci si ammala anche in estate. E per farsi curare prima o poi tutti si scontrano con «l'amara medicina» delle liste di attesa. Dunque, non sperate di passare dall'urologo per «quel fastidio» prima di agosto, né di sottoporvi a una mammografia o a un ecodoppler. Anche l'ortopedico va evitato, tenetevi pure il dolorino anche durante le ferie. E già che ci siete, fate slittare pure il canonico controllo al cuore. Sperate, insomma, di passare l'estate in buona salute perché per le visite specialistiche c'è da aspettare la neve.
La brutta notizia, infatti, è che i tempi si allungano sempre di più. Per la «mammo», per esempio, si aspettano tredici mesi e non undici come l'anno scorso, per la colonscopia sono nove mesi, una gravidanza a fine termine. L'urologo si fa aspettare un anno (!), l'ortopedico sette mesi mentre per essere sottoposti a un ecocardiogramma bisogna far passare 210 giorni. A Roma si attendono dai sei mesi a un anno, per fare una Tac, una risonanza magnetica o una ecografia. Solo l'oculista ha accorciato, si fa per dire, la sua latitanza: si aspettano solo 9 mesi e mezzo, mentre prima erano undici. Nel frattempo la vista può calare all'improvviso e siccome non si può rischiare di andare a sbattere con l'auto contro un palo, ci si affida all'oculista privato, che ovviamente si fa pagare un bel centone (se va bene), ma ti tratta con i guanti bianchi.

Non è dunque una sorpresa se, secondo il rapporto PiT salute del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, ben sette pazienti su dieci si lamentano in primo luogo delle liste di attesa che interessano anche esami diagnostici ed interventi chirurgici. «Ci troviamo di fronte ad un Servizio Sanitario inaccessibile, che decide chi curare utilizzando il criterio cronologico e territoriale - spiega Tonino Aceti, coordinatore del Tribunale per i diritti del malato. Un definanziamento pagato direttamente con i soldi dei cittadini, obbligati a farsi carico delle cure a costi sempre maggiori o a rinunciarvi».
Dunque, chi ha i soldi nel salvadanaio si rivolge ai privati. E secondo il Censis, la fuga dal pubblico interessa ormai ben 12,2 milioni di persone.
Ma chi ha risicato anche gli spiccioli, rinuncia addirittura alle cure perché non può permettersi neanche i ticket pubblici. E sono circa nove milioni le persone, tra cui due milioni di anziani, che decidono di non curarsi o preferiscono rimandare visite ed esami all'anno successivo.

Ovviamente le liste di attesa producono anche gravi distorsioni come la cronaca ci conferma sistematicamente. Si assiste a medici che usano l'ospedale come fosse uno studio privato, e ospedali che organizzano truffe di alto livello per sottoporre amici e parenti a esami, accollando però la diagnostica a pazienti ricoverati. E persino la Corte dei Conti, nella Relazione sul Rendiconto 2012, ha elencato le liste di attesa tra le «problematiche irrisolte» assieme alla sostenibilità dei ticket.

Già, il ticket, altro settore segnalato al Tribunale del malato come «eccessivamente gravoso» tanto che sta diventando «un ostacolo alle cure». Insomma, se l'anno scorso erano gli errori medici a fare imbestialire i pazienti, ora è il problema vero è l'accesso alle prestazioni sanitarie e i costi a carico dei cittadini.

A cominciare dai prezzi dei farmaci sempre più proibitivi, soprattutto per i pazienti affetti da patologia cronica e rara che devono pagarsi quelli di fascia C, arrivando a spendere in media all'anno 1127 euro, nonostante siano per loro indispensabili e insostituibili, e ne debbano fare uso per tutta la vita.
E accanto ai costi eccessivi si assiste anche all'aumento di un fenomeno di insofferenza del personale sanitario, che sfocia a volte nell'incuria oppure in veri e propri maltrattamenti.

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