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Bacio mortale di De Benedetti: "Alle primarie voterò Renzi"

L'endorsement a favore del rottamatore non porta bene: da 30 anni chi viene sponsorizzato dall'editore di "Repubblica" finisce male, da De Mita a Bersani

Bacio mortale di De Benedetti: "Alle primarie voterò Renzi"

Roma - Sette parole, solo sette, e l'ha bruciato: «Alle primarie del Pd voterò per Renzi». Davvero un momentaccio per il sindaco di Firenze. Non bastavano le larghe intese, che lo tengono ancora lontano da Palazzo Chigi, e nemmeno le tante trappole che la nomenclatura del Pd ha sistemato sulla sua strada verso la segreteria. No, ci mancava solo l'endorsement di Carlo De Benedetti, che da trent'anni, da De Mita in poi, fulmina sistematicamente tutti i leader del centrosinistra. Chissà, adesso magari Matteo rimpiange le eleganti balls of steel dichiarate da Enrico Letta. Forse però come scongiuro neanche quelle sarebbero sufficienti. Ormai l'Ingegnere l'ha detto e non si può più rimettere il dentifricio nel tubetto. L'ha detto con parole impegnative, per di più affidate non a un giornale ma al prossimo libro di Alan Friedman e anticipate dal Corriere della Sera. De Benedetti non si limita a schierarsi con il Rottamatore in corsa per la guida del partito, lo vede «assolutamente» anche come futuro presidente del Consiglio. Si tratta di una conversione a U: solo pochi mesi fa l'editore del gruppo Espresso-Repubblica aveva votato per Pier Luigi Bersani - e abbiamo visto che fine ha fatto - trovando Renzi superficiale. Perché allora questa svolta radicale? «È necessario cambiare», risponde. Cambiare vittima?

Dunque, l'Ingegnere sta ufficialmente con il sindaco. Ora bisognerà vedere come a Repubblica prenderanno la notizia, diffusa peraltro attraverso il principale concorrente proprio mentre poligrafici del quotidiano romano organizzano un picchetto contro i dolorosi tagli annunciati dal gruppo per risparmiare cinque milioni di euro. «Ma dove sono i 470 milioni del lodo Mondadori?», si chiede con un pizzico di perfidia il sito Dagospia. Una scelta di campo che poi, scrive Friedman, rivela «un netto dissenso con il fondatore Eugenio Scalfari, che in un editoriale uscito domenica scorsa ha annunciato che non votera per Renzi perché la sua eventuale riuscita politica rappresenta un'imprevedibile avventura». Scalfari se ne farà una ragione, Gianni Cuperlo invece se l'è presa: «C'è un opa esterna sul Pd, qualcuno pensa che dal chiuso di potentati si possano condizionare le scelte del primo partito della sinistra italiana». Se però guardasse indietro, il rivale di Renzi troverebbe diversi motivi per tranquillizzarsi. Ricordate Ciriaco De Mita, il suo lungo braccio di ferro di Bettino Craxi alla fine degli anni Ottanta? Ricordate chi era il suo sponsor? Sì, proprio Carlo De Benedetti. Risultato dell'appoggio: l'uomo di Nusco, uno dei pochi democristiani a ottenere il doppio incarico, governo e partito, dopo un po' perse sia Palazzo Chigi che Piazza del Gesù.

Stessa storia con Francesco Rutelli. L'allora sindaco di Roma, lanciatissimo dopo otto anni di buona amministrazione del Campidoglio, nel 2001 venne imposto a colpi di editoriali come il candidato del centrosinistra da opporre a Silvio Berlusconi: Giuliano Amato, all'epoca premier, si fece da parte. Una sfida impossibile, visto il vento che tirava verso il centrodestra. Rutelli se la cavò discretamente, perse con onore. Comunque perse. Nel 2008, un altro sindaco della capitale, un altro bacio della morte. Tra l'altro, spingendo Walter Veltroni e la fusione dei Ds e Margherita nel Pd, l'Ingegnere ha indirettamente accelerato la fine del governo Prodi. Veltroni poi è rimasto al palo.

Renzi tocchi pure ferro, ma con Letta a Palazzo Chigi lo scenario è molto simile. Domanda numero uno: dopo quello fallito da Bersani, si profilano altri rigori sbagliati a porta vuota? Domanda numero due: quand'è che gli editori torneranno a fare gli editori?

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