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"Basta lacrime e sangue, questo rigore ci uccide"

L'imprenditore Ernesto Preatoni, considerato l'inventore di Sharm El Sheikh, duro con il governo: "Monti? Ha sbagliato. Sembra di essere governati da un amministratore delegato"

«Lacrime e sangue non sono la soluzione della crisi. Così si è messa in ginocchio la Grecia, e se si continua così Italia ed Europa faranno la stessa fine. Sto pensando a un “manifesto” economico per sensibilizzare la classe dirigente e provare insieme a cambiare la rotta». Parola di un imprenditore di lungo corso come Ernesto Preatoni.

Da dove vorrebbe cominciare?
«L'Europa dovrebbe avere la sensibilità e la cultura economica che hanno gli Stati Uniti. Dobbiamo dotarci di una Banca centrale che faccia quello che è richiesto nei momenti di difficoltà: stampare moneta. Come fa la Fed».

Lei vuole cambiare il ruolo della Bce, dunque?
«Non c'è altra strada. E la storia lo dimostra: nel 1971 ci volevano 150 lire per un marco, trent'anni dopo, quando siamo entrati nell'euro, ce ne volevano mille. L'Italia, quindi, aveva dovuto svalutare più volte: cioè, prendere atto di un mutato rapporto di forze, e agire di conseguenza. Questo era possibile perché esisteva la Banca d'Italia, che aveva il potere di emettere moneta. Poi non è stato più consentito, e abbiamo iniziato a soffrire».

Lei l'aveva previsto?
«Certo, e non sono il solo. Penso alle critiche all'euro espresse fin dall'inizio da un grande economista come Paolo Savona. Ma si è andati avanti: e mi spiace dover dire che quando lo stesso Mario Monti, prima di diventare premier, a Cernobbio o nei suoi editoriali parlava di crescita come se fosse compatibile col rigore, io, come altri, non la pensavo così, e avevamo ragione».

Allora, però, c'era il problema dello spread da ridurre a ogni costo.
«E a che cosa è servito? La riduzione dello spread è andata di pari passo con l'aumento del debito pubblico. Perché se il Pil diminuisce, come sta accadendo, il rapporto col debito peggiora comunque. In realtà, ci stiamo comportando come se fossimo governati da un amministratore delegato, preoccupato di portare in pari il bilancio, e quindi impegnato a tagliare tutto il possibile. Ma lo Stato non è una Spa».

Che cosa significa?
«Che non deve fare quattrini, ma far vivere i suoi cittadini. L'eccesso di tagli provoca recessione: e non solo in Italia. Altro che 5 anni per uscire dalla crisi, come dice Angela Merkel: qui rischiamo l'uscita dall'euro, o almeno un euro a due velocità, se non addirittura il default e la rivolta sociale. E intanto il debito pubblico non lo pagheremo mai, a meno di svalutarlo».

Accettando il rischio dell'inflazione?
«Ma un'inflazione controllata, per esempio al 10%, consentirebbe di riportare il debito pubblico a livelli sostenibili.

La Bce dovrebbe capirlo, invece di continuare a combattere il “mostro inflazione” che non esiste».

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