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Benedizione vietata a scuola: "Offende i bimbi non cattolici"

La dirigente dell'elementare di Varese è irremovibile: "Lo dice la legge, si può fare solo fuori dall'orario di lezione". E i genitori si ribellano

Benedizione vietata a scuola: "Offende i bimbi non cattolici"

Armiamoci di pazienza. Il tormentone è appena iniziato. Eppure, alla vigila del periodo più buonista dell'anno, è già scontro tra due fazioni: quella a favore di presepi, alberi addobbati e benedizioni nelle scuole, e quella di chi non vuol sentire neppure l'odore di riti che ci appartengono da sempre. Come la dirigente della scuola elementare «Medea» di Varese, Mara Caenazzo, che ha deciso di vietare la benedizione natalizia che ogni anno don Leonardo Bianchi soleva fare ai bambini nell'istituto: «La benedizione è un atto di culto e non un semplice saluto e quindi, per salvaguardare i diritti di tutte le famiglie, potrà essere garantito in un altro momento e non durante l'orario delle lezioni».

Tecnicamente la dirigente sostiene di dover applicare la legge. «L'articolo 311 del Tu 297 del '94 che vieta pratiche religiose in orari che abbiano effetti discriminanti». Bisogna capire che danno possa causare al non credente o musulmano un'innocente benedizione fatta da un prete a una piccola comunità di bambini che ancora vive il Natale come un dono dal cielo. Ma qui entriamo su un terreno pieno di ostacoli. «Qualche genitore potrebbe protestare e persino fare ricorso – obietta Caenazzo - Da noi circa il 10% dei bambini sono di altre religioni e devo rispettare le loro esigenze».

E quindi ecco le soluzioni proposte: «Sempre su approvazione del Consiglio di istituto, si potrebbe accogliere il parroco dieci minuti prima delle lezioni o subito dopo la fine. In questo modo rimane in classe solo chi è interessato. Oppure, si possono dedicare dei locali della scuola alla benedizione». Una soluzione che potrebbe paradossalmente suonare discriminatoria per i cattolici, che sono la stragrande maggioranza. Ma di far spostare i bambini non cattolici, la minoranza, dalle classi non se ne parla proprio. «I rispettivi genitori potrebbero dirmi che li ho messi in un angolo…». Posizione delicata, dunque, quella della dottoressa Caenazzo, la cui esperienza in fatto di comunità multietniche è fuori discussione. Ha insegnato in Francia, in Spagna e in Somalia e vanta nel curriculum accademico perfino un saggio sugli «insediamenti urbani nella foresta amazzonica». E ora, piombata in quel di Varese, si ritrova a dove fare i conti con le tradizioni cattoliche molto ben radicate nella zona. I genitori degli alunni dell'istituto hanno già protestato contro la preside avviando anche una raccolta di firme. Ma la dirigente controbatte sostenendo che il parroco non ha neppure fatto richiesta in direzione. «Dirigo altre scuole e il parroco di Lozza, quello di Sogliate e di Carnago hanno fatto diversi incontri nella scuola ma sempre al di fuori degli orari di lezione». Le polemiche saranno dure a morire e per calmare gli animi il prete che solitamente impartiva il rito ha invitato i bambini a messa nella chiesa di Santa Teresa di Gesù Bambino per il 3 dicembre. Incontestabile luogo per una benedizione. Quanto alla diatriba su cosa fare e non fare a scuola, la casistica è varia e contraddittoria.

Ma l'ultima parola è eminente. Arriva dal Presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, che ha bocciato i laicisti ammettendo le visite pastorali nelle scuole. Nel suo decreto, si è ispirato a quanto deciso dal Consiglio di Stato nel 2010.

Con un sentenza, i giudici avevano stabilito che «la visita pastorale non può essere definita attività di culto, né diretta alla cura delle anime ma assume piuttosto il valore di testimonianza culturale». Ma all'elementare Medea un vescovo potrebbe entrare nelle classi indisturbato?

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