Politica

Berlusconi apre alla Lega: "Nuovo patto per l'Italia"

Nel vertice di tre ore coi big del partito a Milano emergono le condizioni dell'ex premier: alleanza alle Politiche e poi in Lombardia. La Russa confida: gli ex An pronti al divorzio

Il Cavaliere Silvio Berlsuconi e il leader della Lega Roberto Maroni
Il Cavaliere Silvio Berlsuconi e il leader della Lega Roberto Maroni

Stringe l'asse con la Lega e prepara l'addio (consensuale) agli ex An. È una giornata lunghissima quella che Berlusconi chiude con una cena in pizzeria dopo il vertice milanese in via Rovani con i big del Pdl. «Che si voti il 10 o il 24 febbraio, quel che è certo – dice ai presenti – è che ci sarà l'election day. E quindi, visti anche i tempi strettissimi, dobbiamo avere garanzie dalla Lega in un quadro nazionale. D'altra parte, la storia insegna: quando abbiamo corso con il Carroccio abbiamo vinto, quando siamo andati da soli come nel '96 abbiamo perso».
Dopo tre ore di riunione nella storica residenza milanese, è Berlusconi a tirare le somme. La partita per la Regione Lombardia, concorda il Cavaliere con i presenti, va chiusa in un'ottica nazionale. Insomma, sì al ticket Maroni-Gelmini ma solo se la Lega si espone pubblicamente. «È prioritario che esprima la sua posizione in un quadro nazionale», spiega il coordinatore lombardo del Pdl Mantovani lasciando il vertice.
L'ex premier, dunque, prova ad invertire l'ordine dei fattori. La Lega chiede il Pirellone in vista di un eventuale appoggio alle politiche? Bene, dato che si voterà nello stesso giorno s'impegni a livello nazionale e la strada per Maroni è in discesa. Una richiesta, ragionava a fine riunione Berlusconi con alcuni dei presenti, neanche troppo onerosa dopo che il Pdl ha di fatto staccato la spina a Monti. Quel che vuole il Cavaliere, dunque, è un sostegno formale che ufficializzi una «collaborazione reciproca». «La Lega deve convocare il Consiglio federale e sancire l'alleanza», spiega finito il vertice uno dei presenti.
Ma il problema vero è la fronda di Cl: è in particolare Formigoni a caldeggiare la candidatura di Albertini, ma non è un mistero che in Lombardia Comunione e liberazioni non veda di buon occhio la corsa al Pirellone di Maroni («un traditore», sentenzia il governatore uscente) e il ritorno in pista a livello nazionale del Cavaliere. Non è un caso che durante la riunione a via Rovani ci sia chi, come Romani, chiede a Formigoni di «ritirare ufficialmente» il suo endorsement pro Albertini. Pure La Russa, per altre ragioni, non si scalda al pensiero di dover appoggiare Maroni. Tanto dal proporre le primarie per il candidato alla guida del Pirellone. Eloquente la risposta di Berlusconi: «Ignazio, ma ormai non c'è più tempo...». Un La Russa che a margine della riunione non ci gira troppo intorno. «Siamo pronti ad andare per la nostra strada, ma che sia un addio consensuale», confida l'ex ministro della Difesa a Berlusconi riferendosi alla pattuglia degli ex An. Ed è proprio così, con ogni probabilità, che andrà a finire. Con lo spacchettamento e ripetendo lo schema della Casa delle libertà del 2001.
Sul tavolo della Lombardia, invece, resta il ticket Maroni-Gelmini, anche se poi – magari per fare ammuina – nei prossimi giorni il Pdl proporrà candidature di bandiera, come quella della Beccalossi o di Mantovani.
La notizia, però, è che in oltre tre ore di riunione Berlusconi non pronuncia neanche una volta la parola «Monti». Le dimissioni del Professore, il suo affondo su Alfano e la sua irritazione non sono argomento di conversazione per il Cavaliere. Che invece cita un focus group della Ghisleri: «Su mille elettori che nel 2007 avevano votato per noi e che poi ci hanno abbandonato, oggi il 98% è pronto a sostenerci ancora». Solo lasciando la pizzeria ormai a tarda sera il Cavaliere dice che «l'esperienza del governo tecnico è finita».
Una giornata piena per l'ex premier, impegnato nel vertice con Alfano, La Russa, Gelmini, Romani, Santanché, Formigoni, Mantovani, Ronzulli, Lupi, Casero e Brambilla. C'è tempo pure per occuparsi dell'affondo del presidente del Parlamento Ue Schulz. «Il suo ritorno è una minaccia per la stabilità dell'Italia», attacca. Ma Berlusconi replica: «Il signor Schulz è male informato, se in Italia c'è un europeista più del signor Berlusconi me lo faccia incontrare». Insiste il vicepresidente della Commissione Ue Tajani: «Inopportuno».

Attacca l'eurodeputata Ronzulli: «Un'ingerenza pericolosa».

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