Politica

L'affondo di Berlusconi apre la campagna elettorale

In crociera con i lettori del Giornale, l'ex premier avverte: "Il voto non va frazionato". L'endorsement a Renzi per spaccare il Pd: "Porta avanti le nostre idee"

Silvio Berlusconi intervistato dal direttore Alessandro Sallusti
Silvio Berlusconi intervistato dal direttore Alessandro Sallusti

Non scioglie la riserva, è vero. Ma di certo apre la campagna elettorale per il 2013. E lancia il primo vero affondo al Pd, alimentando in campo avversario le tensioni che stanno ormai da settimane accompagnando la corsa alle primarie. Lo fa con un'intervista di due ore e mezzo ad Alessandro Sallusti e davanti ai circa 500 lettori de Il Giornale in crociera sulla Msg Divina. Un Silvio Berlusconi pacato ma senza freni, pronto a colpire su tutti i fronti, risparmiando solo Mario Monti (che cerca accuratamente di non nominare) ma non certo le sue politiche, anche quelle sonoramente bocciate. Insomma, un Cavaliere critico verso i troppi provvedimenti «recessivi» del governo e molto perplesso dall'atteggiamento di Germania e Francia e dalle scelte fatte a livello europeo per combattere la crisi (le norme sul fiscal compact, dice, «impediscono la crescita» e il Fondo salva stati «non funzionerà»).

Un Berlusconi che non sa quale davvero sia il suo destino, appeso ormai a troppe variabili. «Mi sono tenuto da parte - spiega - ma poi sono successe un mare di cose: Bersani in contrasto con Casini e viceversa, Bersani in contrasto con Vendola, l'arrivo di Renzi, Di Pietro che si stacca e l'annunciata discesa in campo di Montezemolo». Per non parlare di Grillo («Qualcuno gli scrive un copione e lui recita come ha fatto per tutta la vita»). Insomma, rispetto al quadro di solo qualche mese fa la situazione è decisamente in movimento. Anche perché nel Pd c'è chi sostiene che il sindaco di Firenze potrebbe addirittura battere Pier Luigi Bersani. Ecco perché ora è troppo presto per sciogliere qualunque riserva. Ma con un dettaglio: anche se non dovesse essere lui il candidato a Palazzo Chigi, l'ex premier sembra comunque intenzionato a giocare in prima linea, proprio come ha fatto ieri.

L'impressione, insomma, è che Berlusconi abbia deciso per un cambio di passo, che si sia convinto che nonostante il nodo candidatura non sia sciolto il «tempo per riflettere» sia comunque finito. Se restasse in silenzio, d'altra parte, come farebbe a regalare a Matteo Renzi un endorsement destinato a creargli più d'un problema. «Porta avanti le nostre idee ma sotto le sigle del Pd», la butta lì il Cavaliere mettendolo evidentemente in imbarazzo davanti al suo elettorato. D'altra parte, se Renzi vincesse davvero le primarie sarebbe terremotato l'intero panorama politico, compreso quello di centrodestra. Mentre quel che davvero può far comodo a Berlusconi è che magari il sindaco di Firenze arrivi al 40%, ipotechi il Pd e di fatto renda quasi impossibile per Bersani gestire un'eventuale vittoria in tandem con Vendola. In uno scenario del genere, infatti, è chiaro che un governo Pd-Sel non avrebbe troppe chanches di durare molto, alle prese con provvedimenti lacrime e sangue e le ire della Cgil.

E a certificare che il Cavaliere - accompagnato sulla nave da Paolo Bonaiuti, Mariarosaria Rossi, Sestino Giacomoni e, per ragioni territoriali, Raffaele Fitto - ieri ha in qualche modo battezzato la campagna elettorale c'è anche il suo richiamo al «voto utile». «Non va frazionato - spiega - altrimenti nessuno avrà i numeri per governare». «Lo inizio a dire adesso perché poi con la par condicio non avremo più la possibilità di parlare», aggiunge a conferma che la testa è già lì, ai mesi che verranno.
Tanto dal fare le prove generali di quella che potrebbe essere una delle chiavi della corsa al voto del 2013: «Se andremo al governo aboliremo l'Imu». Le tasse, dunque.

Insieme a una dura critica all'Europa e ai vincoli che impone ai singoli Stati. Con in sottofondo la battaglia sulle riforme istituzionali. «Senza riforme e senza semipresidenzialismo ci ritroveremo ancora una volta con governi che non saranno in grado di decidere nulla». E, forse, con in testa l'idea di riuscire ad aggregare sotto le stesse insegne una ampia coalizione che «non si fermi al 51%, che poi se lo comprano, ma che arrivi al 53%». Un progetto, raccontano, a cui starebbe lavorando.

E per il quale sarebbe sì disposto a fare un passo indietro.

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