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Berlusconi: due anni di riforme o si vota

Le condizioni per le larghe intese: abolizione e rimborso dell'Imu, taglio dell'Irap e una nuova Equitalia. Il Cav: "Serve responsabilità, no a riedizioni del governo Monti"

Berlusconi: due anni di riforme o si vota

Roma - «Ho pareggiato, quasi vinto le elezioni. E l'ho fatto su un programma fiscale ambiziosissimo. O il governo che andiamo a formare corrisponde ai sentimenti dei dieci milioni di italiani che ci hanno votato oppure è meglio non perdere tempo e tornare alle urne». Pubblicamente Silvio Berlusconi non lo direbbe mai, perché non è questo il momento di alzare l'asticella o dare il via a polemiche che possono solo agitare le acque. Non a caso, soltanto quarantotto ore fa a domanda esplicita il Cavaliere escludeva categoricamente il voto anticipato. «Direi di no», era la risposta ai cronisti che in Transatlantico gli chiedevano se vedesse la possibilità di elezioni a giugno.

Questa l'ufficialità. Perché in verità il leader del Pdl non esclude affatto la possibilità di un ritorno alle urne prima dell'estate. La macchina organizzativa di via dell'Umiltà, non a caso, non s'è mai fermata e ancora ieri la Euromedia Research di Alessandra Ghisleri sondava gli umori degli italiani su un eventuale voto anticipato e sulla percezione che ha l'elettorato di centrodestra di un possibile governo di larghe intese. Già, perché Berlusconi sa bene che il consenso guadagnato in questi due mesi (almeno quattro punti, dicono nell'entourage del Cavaliere) potrebbe svanire se il Pdl s'impelagasse in un esecutivo Pd-Pdl di basso profilo oppure in un governo pseudo-tecnico.

Ecco perché, dice a chi ha occasione di sentirlo domenica, «serve un governo alto e che si concentri su alcuni temi economici chiave». Che Berlusconi ha ben chiari: abolizione e rimborso dell'Imu, taglio dell'Irap e riforma di Equitalia. È su questi punti che un eventuale governo di larghe intese deve concentrarsi. Esattamente il contrario, dunque, di quanto andava dicendo sabato il ministro dell'Economia Vittorio Grilli, convinto che il prossimo esecutivo debba comunque «seguire l'agenda Monti». Sono d'accordo a dare il via ad un esecutivo con Pdl e Pd, è il senso dei ragionamenti del Cavaliere, purché «non sia una riedizione del governo Monti». Non solo nel senso che la presenza dei partiti nell'esecutivo deve essere palese, perché ci vuole un'assunzione di responsabilità chiara. Ma pure perché la politica economica seguita fino ad ora deve - dice Berlusconi in privato - essere «completamente rivoluzionata».

L'ex premier, dunque, è pronto a «vedere le carte» per capire se ci sono le condizioni per «dar vita ad un esecutivo». Ma, insiste Berlusconi, solo se si tratta di un impegno serio, soltanto se si mette in piedi un progetto che possa produrre risultati tangibili e concreti, altrimenti - se il Pd non è in grado di prendere un impegno di lungo termine - meglio tornare subito alle urne perché non ha senso gettare a mare tutto il consenso guadagnato in questi mesi. «La bussola del Pdl - spiega il coordinatore dei dipartimenti del Pdl Daniele Capezzone - sono gli otto punti voluti da Berlusconi». Cinque dei quali, non a caso, trattano la materia fiscale.

Il Cavaliere, dunque, punta ad un esecutivo stabile. «Non so se il governo di larghe intese nascerà - dice Angelino Alfano - ma così fosse deve essere forte. Bisogna ragionare su come abrogare l'Imu e rimborsarla, bisogna rispondere alla crisi. Noi sosterremo con ogni forza gli impegni contenuti nel nostro programma». Più esplicito Berlusconi nelle sue conversazioni private: «O si fa un esecutivo che duri almeno due anni per smontare Grillo e frenare Renzi oppure è meglio non farne nulla e tornare al voto».

Perché, è la convinzione dell'ex premier, «gli italiani non ci perdonerebbero un altro anno perso a non far nulla».

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