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Berlusconi predica calma: "Il Pd dovrà trattare con noi"

Sul tavolo di Berlusconi due opzioni: un governo di scopo fino a nuove elezioni oppure un esecutivo di larghe intese

Berlusconi predica calma: "Il Pd dovrà trattare con noi"

Predica calma, Silvio Berlusconi. Invita gli uomini a lui più vicini alla saggezza e alla pazienza di fronte alla strana partita che si sta giocando (per ora solo metaforicamente) nei palazzi della politica. Ricorda a tutti che grazie al risultato elettorale il Pdl è inaspettatamente tornato in partita e alla fine nessuno potrà giocare con il destino dell'Italia. Ma a scanso di equivoci invita i suoi parlamentari a comportarsi «come se fossimo ancora in campagna elettorale», non in termini di propaganda ma di impegno sul territorio, perché la prospettiva di un veloce ritorno alle urne non può comunque essere esclusa.
Atteso nel pomeriggio a Milano, alla festa della Lega organizzata da Roberto Maroni per «celebrare la vittoria» al Pirellone, Berlusconi decide in mattinata di dare forfait. L'ex premier è ad Arcore e vuole vederci chiaro sulle mosse dei grillini e del Pd. Considera il quadro politico ancora troppo confuso e attende segnali dal Quirinale. Intanto, però, si concentra sul partito. Per questo ha convocato domani mattina a Villa Gernetto (a Lesmo) tutti i neoletti del Pdl in Lombardia (al Parlamento e al Consiglio regionale) per fare il punto della situazione.
L'ex premier si dice pronto al voto anticipato. In realtà confida in una soluzione diversa che porti a un'intesa con le altre forze politiche. Sul tavolo due opzioni, un governo di scopo fino a nuove elezioni oppure quella preferita dal Pdl: un esecutivo di larghe intese di più ampio respiro su alcuni punti programmatici da contrattare (dalla riduzione delle tasse ai costi della politica, alla riforma elettorale) che duri almeno un paio d'anni. «È questo l'unico modo per sgonfiare la bolla grillina» spiega a chi si confronta con lui. «O Bersani capisce questo oppure si consegna a un gioco pericoloso per il suo partito e per l'Italia».
Il prossimo esecutivo potrebbe diventare «storico», traghettare il Paese fuori dagli eterni confronti muscolari tra le forze responsabili e promuovere la nascita della Terza Repubblica. Per questo è convinto che il Pd alla fine sarà costretto a bussare alla porta del Pdl, sia pure senza esporsi e accettando l'amara medicina come ultima ratio, come sacrificio nel nome della responsabilità. Da parte di Berlusconi non ci sono veti sui possibili candidati espressi dal Pd. Che sia Renzi, D'Alema, Barca o Enrico Letta la scelta spetta a Via del Nazareno. Più difficile, invece, che possa essere Bersani, uscito sconfitto dalle elezioni ed espostosi troppo in queste ore contro l'ipotesi di una grande coalizione. Berlusconi, comunque, non vuole un altro governo tecnico bensì un esecutivo politico con dentro ministri provenienti dai due principali partiti, sia pure con innesti della società civile. Sul Quirinale, invece, l'approccio è meno flessibile. Nella testa del presidente del Pdl il candidato è uno solo: Gianni Letta. «È un uomo specchiato che può garantire maggioranza e opposizione. Se poi il Pd vuole eleggerselo da solo con i grillini, faccia pure».
Resta sempre da approfondire l'identità della manifestazione del 23 marzo. Inizialmente annunciata come protesta contro le inchieste ad personam, si sta ora valutando come ricalibrarla, allargando lo spettro degli argomenti. «Ridurla a un attacco ai giudici ne avrebbe sminuito la portata politica» spiegano. Per Berlusconi, però, si apre un mese delicato dal punto di vista processuale. Oggi riprende il processo Ruby con l'audizione dell'ultimo testimone, così come potrebbe arrivare a sentenza il procedimento che ha al centro l'intercettazione Fassino-Consorte. Senza dimenticare un'udienza in appello sulla vicenda Mediaset.

Un tour de force che si andrà inevitabilmente a intrecciare con le scelte decisive che il Pdl sarà chiamato ad assumere nelle prossime settimane.

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