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Berlusconi prepara la sfida: non sarò io a far saltare il tavolo

Il Cavaliere teme che il premier non abbia il pieno controllo del Pd e lo richiama al rispetto degli impegni presi. Brunetta: "Renzi cambi proposta o non la votiamo"

Berlusconi prepara la sfida: non sarò io a far saltare il tavolo

Berlusconi va al braccio di ferro con Renzi ma senza rovesciare il tavolo. Sulla riforma del Senato e del titolo V della Costituzione il Cavaliere, rientrato ieri sera a Roma dopo alcuni incontri a villa Gernetto per pianificare le prossime amministrative, chiama il premier al rispetto dei patti. I patti erano chiari ma Renzi, più che non volerli rispettare, pare non abbia la forza di mantenerli. Colpa del Pd, in primo luogo. Così, esattamente come accadde con la legge elettorale quando il premier giustificò i ritocchi al patto del Nazareno con un «altrimenti mi si spezza il partito», Berlusconi teme che sulle riforme sarà la stessa solfa. Il premier ha una zavorra del Pd e lo stesso ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, lo ammette tra le righe: «Per quanto riguarda le indicazioni del governo c'è prima la legge elettorale ma poi sappiamo che sarà il Senato a decidere in capigruppo. E noi siamo rispettosi delle dinamiche del Senato». Una sorta di non possumus che non fa piacere al Cavaliere.

Tuttavia, da qui a far saltare il tavolo delle trattative ce ne corre. Primo perché, sondaggi alla mano, la riforma del Senato è popolare: piace agli italiani e pure a Berlusconi. Un fresco sondaggio dell'Istituto Demopolis, dice infatti che quasi otto italiani su dieci (76%) sono favorevoli al superamento del bicameralismo perfetto mentre soltanto il 9 per cento non vuole cancellare il Senato. Secondo motivo perché contribuire a scrivere le nuove regole del gioco lo collocherebbero a forza nel pantheon dei padri della Patria della Terza Repubblica. Questo soprattutto mentre la magistratura si appresta a schiaffeggiarlo per l'ennesima volta decidendo tra una decina di giorni la natura della pena. Così, Berlusconi lascia che siano i suoi a richiamare Renzi al rispetto dei patti, sia pur con toni differenti: più soft quelli di Toti, più hard quelli dei capigruppo di Camera e Senato, Brunetta e Romani.
Proprio da Brunetta arriva l'altolà: «Il mio partito non voterà la proposta di riforma del Senato così com'è. Mi pare che il dottor Matteo Renzi - dice sarcastico - si trovi in una situazione di grande confusione mentale... Noi siamo sempre disponibili ad aiutarlo a fare chiarezza. Lo faremo al Senato con grande serietà e determinazione».

Tutti, in ogni caso, chiedono a gran voce che si porti a casa prima l'Italicum e poi le riforme costituzionali. Questo per evitare che, qualora Renzi dovesse cadere, si andasse disgraziatamente al voto con il «Consultellum»: un ibrido proporzionale che farebbe germogliare infiniti partitini in corsa per palazzo Madama. Ed è proprio perché in fondo è scettico sulla durata del governo fino al termine della legislatura che Berlusconi spinge soprattutto sui club. Organismi da cui deve venire fuori gente nuova e fresca. Questa la ratio per cui, proprio ieri, è stato Toti a tagliare la testa al toro e sciogliere l'ultimo nodo candidature. Intervistato da Gad Lerner, il consigliere politico del Cavaliere ha chiuso la porta a Nicola Cosentino e parlato di Claudio Scajola. «Non ci sono uomini buoni per tutte le stagioni e alcuni personaggi si sposano più con la vecchia politica che con la nuova», ha detto tranchant Toti. Su Cosentino: «Sono un garantista con i nemici figuriamoci con gli amici e di un uomo che è stato molto vicino al presidente Berlusconi. Aspetteremo la decisione dei magistrati. Ma come per gli altri, è interesse aspettare che le cose si chiariscano per potere tornare». Quanto a Scajola, «è stato probabilmente - ha detto Toti - il miglior coordinatore del partito, è un uomo fedele, è un militante e avrà un ruolo ma la storia della casa del Colosseo, nonostante l'assoluzione e quindi la sua innocenza, ha pesato troppo.

Credo sia nel suo interesse aspettare».

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