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Bersani: "Matteo è pazzo". Tutto il non detto sul premier

Il premier, già incollato alla poltrona, sa vhe la minoranza Pd vuol vendicarsi. L'ex segretario: "Ho solo vinto le primarie, io le elezioni". Latorre: "È un paraculo..."

Bersani: "Matteo è pazzo". Tutto il non detto sul premier

Per comprendere quello che si muove nella palude dei Palazzi romani bisogna parlare con un ex-ministro trombato come Mario Mauro, amico del Colle e gran conoscitore del ventre moderato. «Renzi - spiega con un sorriso beffardo - si è innamorato di Palazzo Chigi. Durante le consultazioni mi disse: “Voglio andare al governo solo per fare le elezioni da Premier”. Gli risposi che non ero d'accordo, ma che la sua posizione era legittima. Ora, invece, credo che alle urne non ci pensi proprio. Gli è piaciuto il giocattolo. Se si logorerà? Credo che tutto resterà com'è ora. Una legge elettorale per la Camera e un'altra proporzionale, il Consultellum, per il Senato. Un sistema anfibio che, nei fatti, garantisce il ruolo dei partitini di centro che si metteranno insieme. Anche perché il Senato resterà. Calderoli già ha fatto capire che come ci sono le proposte per abolire Palazzo Madama, ci sono anche quelle per abolire la Camera».
Gira che ti rigira il fascino del Potere contagia tutti. E, a quanto pare, anche il rottamatore non ne è immune. E se non si ha l'antidoto per evitare il contagio dall'insidioso virus denominato «poltronum», si finisce per essere ingoiati, adottando il lessico renziano, proprio dalla «palude». I sintomi ci sono tutti. La decisione di accettare l'emendamento della minoranza del Pd e degli alfaniani che rende l'Italicum utilizzabile solo per la Camera, è stata la dimostrazione plateale che il contagio è avvenuto. E gli effetti sulla capacità di Renzi di imporre una svolta, saranno devastanti. Il premier è disarmato. La sua arma più micidiale, cioè la minaccia di elezioni anticipate, è diventata una pallottola spuntata. Se si andasse a votare con il sistema anfibio (Italicum più Consultellum), i partitini non sarebbero più terrorizzati dal rischio di estinzione: mettendosi insieme in una federazione centrista, infatti, manterrebbero almeno in Senato un ruolo politico, visto che sarebbero necessari per mettere in piedi una maggioranza (è difficile che uno dei partiti maggiori arrivi da solo al 51%). E che alla fine resti il Senato con il Consultellum è un epilogo molto probabile. Bastava leggere ieri sul Corriere della Sera Marzio Breda, quirinalista doc, per capire che il Quirinale è già pronto a legittimare il sistema anfibio, un sistema che, secondo gli uomini di Napolitano, ha una sua logica politico-istituzionale intrinseca: «La Camera fungerà da motore politico e il Senato avrà una funzione moderatrice». Se si pensa a tutte le esternazioni di questi anni sull'impossibilità di andare al voto con il Porcellum per il rischio di avere due maggioranze diverse, viene da ridere.
Già, il Palazzo contagia. Vale anche per Renzi. Risultato: se fai il segretario del Pd puoi anche essere il capo del partito delle elezioni anticipate; se fai il premier diventi il leader del partito del «non voto». Purtroppo è quello che rischia di avvenire. Anche perché Renzi è meno forte di quanto sembri. Lo ha ammesso lui stesso con il Cav quando gli ha spiegato che non poteva mantenere i patti alla lettera, che doveva accettare l'emendamento della minoranza Pd che limitava l'utilizzo della nuova legge elettorale, l'Italicum, solo alla Camera: «A scrutinio segreto i miei mi votano contro. Vado sotto e va in crisi il governo». Così, l'uomo che prometteva sfracelli è stato costretto ad abbozzare. Ha ceduto ad Alfano, ma, soprattutto, ha subito la sua minoranza interna: quella dei Bersani, D'Alema, Letta, Fassina.... Insomma, è venuto a più miti consigli. Anche perché, a parte la simpatia del Cav, il neo-premier ha contro tutti. Ce l'hanno con lui tutti quelli che ha rottamato, dentro il Pd e fuori. Una sorta di «fronte del rancore». «Tutti i rottamati - osserva una fedelissima del Premier come Rosa Maria Giorgi - hanno fatto fronte comune e vogliono togliersi la soddisfazione di rottamare il rottamatore». Appunto, il rancore. Basta grattare un pochino ed esce fuori. L'altro giorno in un bar Bersani non nascondeva la sua insoddisfazione con alcuni amici. «Renzi è un pazzo - si sfogava -. Io ho vinto alla grande le primarie, ho vinto le elezione sia pure di poco. Lui ha vinto solo le primarie e pensa di poter fare la rivoluzione». Non parliamo poi di D'Alema che, con l'inconfondibile sarcasmo, comunica a chiunque di aver dato l'addio al Pd renziano: «Io ho un solo partito. Ma è in Europa: il Pse».
Tanta freddezza nasconde tanta voglia di rivalsa. E Renzi? Il rottamatore, per pacificare gli animi, usa gli stessi mezzi dei suoi predecessori: ha adottato il manuale Cencelli delle correnti del Pd per scegliere i ministri; lusinga Bersani con la presidenza del partito e D'Alema con un posto in Europa. E, ovviamente, promette alla «palude» che si andrà a votare alle calende greche: «Non si voterà prima del 2025 - ironizza un renziano acquisito come Nicola Latorre -. Il giovanotto è più paraculo del Cavaliere». Magari questo è da vedere, sicuramente somiglia sempre più ad un premier qualunque. Basterà? Il Matteo nazionale deve farsi bene i conti: arrivare a patti con «il fronte del rancore», non significa che si sopisca il rancore; e se per far questo deve venir meno alla parola data, potrebbe allungarsi l'elenco dei potenziali nemici. Gli annali di Palazzo Chigi sono pieni di premier «rottamati», nel tentativo di restare attaccati alla poltrona. Enrico Letta docet.

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