Cronache

Blackout in ospedale Così morì Federica I colpevoli? Nessuno

I genitori della 16enne morta otto anni fa sotto i ferri: "Così è un colpo di spugna sui responsabili principali"

Blackout in ospedale Così morì Federica I colpevoli? Nessuno

Tutti assolti. Giustizia negata per Federica Monteleone, 16 anni, e un sorriso bello che si può avere solo a quella età. Federica morì nel luogo dove - di solito - si dovrebbe essere curati. Non «uccisi». Sì, perché - al di là della verità giudiziaria - Federica, 16 anni, in quel maledetto 26 gennaio 2006 fu «ammazzata». Un «delitto» sicuramente non volontario, ma frutto di un mix di incuria e malasorte.
Di certo nella sala di rianimazione dell'«Annunziata» di Cosenza nessuno voleva il male di Federica, ma questo non basta per dare un colpo di spugna a responsabilità scandalose; non basta per non dare volto e nome a chi ha - se pure indirettamente - ha concorso a spezzare la vita di una ragazza.
Un calvario - quello patito da Federica - per il quale perfino il tristemente noto termine «malasanità» appare inadeguato: una settimana di coma e un precedente blackout elettrico nella sala operatoria durante un «banale» intervento di appendicite. Impossibile rassegnarsi a una fine così. Eppure la sentenza di ieri ha mandato tutti assolti. I genitori di Federica sono attoniti. E come non capirli. «Purtroppo - accusano - il verdetto di oggi scagiona gli attori principali della nostra tragedia. E questo non sarebbe successo se il processo non fosse stato smembrato in due per un errore iniziale della Procura di Vibo Valentia».
La mamma e il papà di Federica erano in aula ieri quando il tribunale monocratico di Vibo Valentia ha formalizzato la propria decisione nell'ambito del processo bis per la morte della figlia: «Nell'altro procedimento sono stati condannati otto imputati di questa assurda vicenda, di cui sette in via definitiva. Siamo pronti a proporre appello, ma non avremo mai una pronuncia definitiva perché purtroppo su questo secondo filone incombe la prescrizione del reato che scatterà a luglio».
Il dispositivo di ieri parla di «assoluzione per non aver commesso il fatto» per l'ex direttore amministrativo dell'Asl di Vibo (il pm aveva chiesto 2 anni di carcere), i due chirurghi che hanno operato Federica (il pm aveva chiesto un anno e 8 mesi) e l'infermiere presente in sala operatoria (ma in questo caso lo stesso pm aveva chiesto l'assoluzione).
Una mazzata terribile per Pino e Mary Monteleone, genitori di Federica, che però non si arrendono: «Ingiustizia è fatta, ma non finisce qui...». In aula, ieri a Vibo, c'era un diffuso senso di sfiducia: per il legale di parte civile, «anche in caso di una condanna, questo processo era destinato comunque alla prescrizione dei reati per i ritardi con in quali è stata esercitata l'azione penale. La Cassazione ha in ogni caso già condannato in via definitiva altre sette persone responsabili del decesso di Federica».
Ma torniamo a quel fatidico 26 gennaio di 8 anni fa, quando la ragazza fu trasportata in mattinata in ospedale perché affetta da colica all'appendicite. Federica - per stessa ammissione dell'Asl di Vibo Valentia - fu sottoposta ad intervento chirurgico «in una sala allestita in attesa del completamento del blocco operatorio principale necessitante di messa a norma».
Nel corso dell'intervento si verificò una «momentanea interruzione della corrente elettrica, dovuta probabilmente ad uno sbalzo di tensione esterno». Con la conseguenza che l'apparecchio di anestesia ed il relativo monitor «inspiegabilmente» non erano stati collegati alle prese del sistema di continuità: pertanto rimasero spenti fino all'arrivo, avvenuto «dopo qualche minuto», dell'elettricista. Durante i 12 minuti di blackout, l'anestesista provvide alla ventilazione manuale della paziente, essendosi spento il respiratore automatico. A causa del contemporaneo spegnimento del monitor per il controllo della frequenza cardiaca i chirurghi dovettero interrompere l'intervento in corso.
«L'Azienda - fu il laconico commento della direzione dell'ospedale - non è in grado di stabilire con esattezza un rapporto causa-effetto tra quanto descritto e il peggioramento delle condizioni di salute della paziente».
L'affermazione che a causare il blackout fosse stata una causa «esterna» fu esclusa dall'Enel. La causa fu, quindi, tutta «interna» all'ospedale.

Più di qualcuno - lo ripetiamo: al di là della verità giudiziaria - nell'ospedale dell'«Annunziata» ha la coscienza sporca.

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