Politica

Boldrini per questi morti ha solo parole

Siamo diventati i Buoni Samaritani del Mediterraneo, ma l'ex Alto commissario affronta il problema senza agire

I cadaveri degli immigrati sulla battigia del lungomare Plaia a Catania
I cadaveri degli immigrati sulla battigia del lungomare Plaia a Catania

Distratti dalla politica quotidiana, non ci siamo resi conto che sull'Italia si sta abbattendo un vero e proprio tsunami: quello delle centinaia di migranti che ormai ogni giorno sbarcano sulle coste siciliane e calabre, talvolta soccorsi in mare in circostanze drammatiche, ma assai più spesso raccolti dalle nostre navi in base a una semplice segnalazione o (spesso fasulla) richiesta di assistenza non solo nelle acque territoriali italiane, ma anche in quelle maltesi e libiche. Di quanti ne arrivino, talvolta su sette o otto barconi, forniti dai soliti «mercati di carne umana», in una sola giornata, abbiamo quasi perso il conto: in pratica, siamo diventati i Buoni Samaritani del Mediterraneo, che non solo assolvono ai propri doveri in base alla legge del mare, non solo suppliscono alle carenze degli altri, ma che con il loro comportamento finiscono inevitabilmente con l'incoraggiare le masse di africani ammassati sulle sponde della Libia e della Tunisia e ansiosi di raggiungere l'Europa a tentare l'avventura, nella certezza che, ovunque li portino le correnti, qualche nave italiana verrà a raccattarli, rifocillarli e ospitarli. Buona parte (con un certo numero di eccezioni, specie nel caso di eritrei e somali che fuggono da condizioni spaventose) sanno di essere «rifugiati economici», e quindi di non avere titoli per ottenere il diritto di asilo e l'agognato permesso di soggiorno. Ma, dopo la bocciatura da parte dell'Onu della politica maroniana dei respingimenti, e la non applicazione perfino degli accordi di rimpatrio immediato conclusi con la Tunisia, i migranti sanno anche benissimo che, una volta posto piede sul suolo italiano e avviato il processo di identificazione, hanno 95 probabilità su cento di rimanerci. La signora Boldrini, che quand'era portavoce dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati, non perdeva occasione per criticare il modo in cui le nostre autorità affrontavano il problema e due giorni fa ha addirittura avuto l'improntitudine di fare un parallelo tra i rifugiati in arrivo dall'Africa e i nostri minatori morti a Marcinelle, dovrebbe essere contenta. Ma no, neppure ciò che viene fatto le pare sufficiente. «Siamo stati fortunati che l'abbiano eletta presidente della Camera e non Ministro dell'Interno, altrimenti i migranti dovremmo andare a prenderli direttamente in Africa»,ha commentato un prefetto che, ovvio, vuol restare anonimo. Invece di limitarsi al pietismo, su questa delicata materia bisognerebbe partire dai fatti: 1) I potenziali «migranti», calcolando quelli che attendono sulle coste ormai prive di qualsiasi controllo della Libia e quelli che spingono per raggiungerle, sono milioni e con la politica attuale i viaggi si intensificheranno. Quanti pensiamo di poterne accogliere o, come si dice ora, integrare? 2) Siamo in prima linea sul fronte dell'immigrazione diretta all'Europa, la meta più facile da raggiungere insieme con la Grecia. Quando Bruxelles, al di là degli sforzi un po' velleitari del Frontex per la sorveglianza delle coste, si deciderà a prendere di petto l'argomento e adoperarsi per una equa ripartizione dei rifugiati tra tutti i Paesi membri? 3) I rifugiati, economici, umanitari o politici che siano, costano e con il mercato del lavoro che ci ritroviamo e la lunghezza delle pratiche, è probabile che dovremo mantenerli (per giunta male) per anni. Nessuno nega che sui barconi in arrivo ci siano disperati meritevoli di aiuto, anche se non si condivide la politica delle braccia aperte di chi vorrebbe fare entrare tutti : ciò non toglie che, viste le dimensioni del fenomeno, sarebbe ora che lo affrontassimo in termini anche economici e politici, e soprattutto che ci limitassimo a fare ciò cui siamo tenuti.

E non solo col metodo Boldrini, cioè a parole.

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