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Boldrini spara sui poliziotti: basta segreti su chi è punito

La presidente della Camera in linea con la sinistra snob che odia le forze dell'ordine: vuol rendere pubblici i procedimenti disciplinari e introdurre il reato di tortura

Boldrini spara sui poliziotti: basta segreti su chi è punito

Roma - «Via il segreto sui provvedimenti disciplinari interni». Non si ferma l'onda lunga delle polemiche innescate dall'applauso riservato dal congresso del Sap agli agenti condannati per l'omicidio colposo di Federico Aldrovandi. E a mettere benzina sul fuoco arriva la richiesta avanzata al capo della Polizia dal presidente della Camera Laura Boldrini che chiede di cancellare il «segreto», coniugandolo con l'introduzione del reato di tortura. Un affondo che rischia di far salire ulteriormente la temperatura e creare le condizioni per una sorta di processo continuo alle forze dell'ordine. Un clima da caccia alle streghe che una certa sinistra sembra voler alimentare, oltretutto in un momento di forte tensione sociale.
«In linea con il mio impegno per la trasparenza e con quanto si sta facendo in questo senso alla Camera dei deputati, ho accolto l'appello del presidente della commissione Diritti umani del Senato, Luigi Manconi, a sollecitare il capo della Polizia affinché valuti la possibilità di togliere il segreto ai procedimenti disciplinari interni» annuncia Laura Boldrini, nel video della settimana. Il riferimento è al decreto 737 del 1981 che definisce le sanzioni disciplinari per il personale dell'Amministrazione di pubblica sicurezza e la regolamentazione dei relativi procedimenti. Lo stesso Manconi pochi giorni fa durante la conferenza stampa con la madre di Aldrovandi aveva dettato parole dure sugli uomini in divisa. «Una parte minoritaria ma non insignificante della polizia interpreta in un senso violento e autoritario il suo ruolo» aveva detto il senatore del Pd, un passato lontano da ex capo del servizio d'ordine di Lotta continua, con tanto di pubblica ammissione di aver fatto uso della violenza durante gli scontri politici di quegli anni.

Il pensiero della numero uno di Montecitorio torna poi sul famoso applauso dei poliziotti del Sap. Boldrini esprime «indignazione» per «un gesto provocatorio che non solo fa male a chi crede nella giustizia, ma danneggia i tanti agenti che fanno il proprio dovere rispettando le regole». Regole che «il Parlamento si propone di migliorare, anche introducendo nel codice penale italiano il reato di tortura». Questione che sarà già la prossima settimana all'ordine del giorno della commissione Giustizia di Montecitorio. La tensione tra istituzioni e rappresentanti delle forze dell'ordine resta dunque alta. Da Forza Italia Simone Furlan chiede alla terza carica dello Stato di «avere a cuore prima ancora della trasparenza l'imparzialità dell'azione disciplinare, che a oggi è discrezionale e autoritativa. Sia garante di tutti gli italiani». Critico anche il leghista Mario Borghezio: «Ha fatto capire da che parte sta». Di certo dentro i sindacati di polizia si paventa la formulazione finale del reato di tortura, tanto più che il dibattito andrà a svolgersi nei giorni successivi alla bufera scatenata dal congresso del Sap. In questo senso il segretario generale del Coisp, Franco Maccari, sottolinea la «pericolosità di interpretazioni estensive della figura di reato per la funzionalità dell'apparato di sicurezza del paese». Al Senato, lo scorso 5 marzo, è stata approvata - praticamente all'unanimità - una versione depotenziata del reato: nel provvedimento la tortura non è qualificata come reato proprio ma comune, quindi imputabile a qualunque cittadino e non solo ai titolari di funzione pubblica, cioè alle forze dell'ordine.

Il timore è che il provvedimento possa subire modifiche e assumere un carattere esplicitamente punitivo.

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