Cronache

Il camposanto come una banca I ladri ora depredano le tombe

Gli oggetti più ricercati dagli sciacalli sono quelli in rame: vale 7 euro al chilo. Nel Padovano rubato un tetto. Ma spariscono anche croci, decorazioni, statue

Il camposanto come una banca I ladri ora depredano le tombe

Tra le piramidi si aggirava Indiana Jones, nei nostri camposanti solo squallidi sciacalli. Nei cimiteri d'Italia ogni giorno spariscono tonnellate di oggetti di rame, ma i ladri non disdegnano statue, portafiori e finanche i fiori. E intanto i Comuni piangono lacrime amare per rimediare ai danni.
Presi d'assalto come fossero scrigni di tombe leggendarie con tesori da fiaba, i camposanti sono il nuovo Eldorado della criminalità più o meno organizzata.
Non passa giorno, infatti, senza che le cronache siano chiamate a occuparsi di razzie notturni ai piedi dei cipressi. Cosa cercano i soliti ignoti? Per lo più rame. Per dire: a Campodarsego, nel Padovano, pur di mettere le mani sull'oro rosso, lo scorso agosto non hanno esitato a smontare il tetto. E così è un po' dappertutto: negli ultimi giorni, per stare ai fatti più recenti, è successo a Palermo, nella pavese Casorate ed a Ripalta Nuova, nel Cremasco. Sparisce tutto ciò che luccica di rosso, il colore del rame ma pure degli affari: nei borsini commerciali il prezzo è intorno ai 7 euro al chilo, ma al mercato nero viene acquistato più o meno alla metà e rivenduto poi alle fonderie con un sovrapprezzo di un euro. A gestire il giro, soprattutto rumeni. Che dopo aver depredato i cavi delle reti elettriche e le linee ferroviarie, sarebbero ora passati ai più tranquilli cimiteri. E che la mala dell'Est abbia messo le mani sul traffico dell'oro rosso lo attestano i ripetuti arresti: le manette sono tornate a tintinnare a fine novembre in Friuli, ai polsi di tre giovani rumeni che avevano ripulito i camposanti di Palmanova e San Stino di Livenza, smerciando in patria la refurtiva.
E gli italiani? Solitamente protezionisti in tema di mafia ed affari illeciti, che fanno? Tengono per sé tutto il resto. Ed è tanto. Perché dai cimiteri italici, al calar del sole, sparisce di tutto. Giusto per capire: ieri mattina a Pontecagnano, nel Salernitano, come già a Catanzaro tre mesi addietro, i custodi sono rimasti di stucco quando non hanno ritrovato le porte in alluminio delle cappelle private. Ad Arquata Scrivia, in provincia di Alessandria, i mariuncoli prima hanno svuotato le bare. Quindi, non sazi, sono arrivati con un camion e si sono portati via un escavatore. Meno pretenziosi i malviventi che a Pordenone ed a Piacenza, a ridosso del 2 novembre, hanno trafugato fiori freschi per rimetterli in commercio allo spuntar dell'alba. E se a Quargnento, nell'Alessandrino, la razzia s'era estesa a portafiori (richiestissimi, purché in rame) e finanche ai tombini in ghisa, a Gubbio per mesi un pensionato ha seminato il terrore tra le vedove: faceva piazza pulita di vasi, crocifissi, statuine, inginocchiatoi e lumini che da bravo commerciante piazzava poi ad ignari compratori. È finito dietro le sbarre. Quelle che meriterebbero anche gli anonimi che ad agosto, a San Giorgio di Nogaro, in Veneto, hanno rastrellato peluches e angioletti in ceramica dalle tombe dei fanciulli morti in tenera età.
Accade nei cimiteri, bene demaniale affidato alla competenza dei Comuni. Che a dire il vero, ad arginare lo strapotere degli arraffatutto ci provano pure, ma con scarsi risultati: i custodi costano, e nessuno può permetterseli. La videosorveglianza, invece, non garantisce il controllo completo di aree in genere ampie ed estese. Così, non resta che pagare: a Nova Milanese in 14 mesi, tra l'ottobre del 2010 ed il febbraio del 2012, hanno dovuto scucire 220.000 euro per rimediare ai furti di rame cimiteriale. Peggio è andata a Milano, che nel corso del 2011 è stata costretta a sganciare 2.600.000 euro per rimettere in sesto il cimitero Maggiore e quello di Lambrate.
I cimiteri d'Italia? Ricercati come le piramidi, ma più simili al Colosseo: si entra ed esce a piacimento, portando via quel che si vuole.

Tranne la morte, per il momento.

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