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Caso Cucchi: la Cassazione ordina un nuovo processo per l'agente assolto

La Suprema corte annulla l'assoluzione in appello di Claudio Marchiandi, dirigente dell'amministrazione penitenziaria accusato di aver coperto il presunto pestaggio del giovane romano morto 4 anni fa

Caso Cucchi: la Cassazione ordina un nuovo processo per l'agente assolto

La Cassazione riapre il caso Cucchi: forse non furono solo i medici i responsabili della sua morte. Ma tornano nel mirino gli agenti delle forze dell'ordine.
Succede che la Suprema corte annulli l'assoluzione in appello di Claudio Marchiandi, dirigente dell'amministrazione penitenziaria accusato di aver coperto il presunto pestaggio del giovane geometra romano morto 4 anni fa. E questo, facendolo ricoverare nel reparto «protetto» dell'ospedale Pertini (simile in tutto ad un carcere)e non in uno normale dove le sue lesioni sarebbero state forse curate meglio, ma sarebbero state anche più evidenti a tutti.
La sentenza depositata in questi giorni alla Suprema Corte potrebbe pesare, nei prossimi mesi, sul processo d'appello conclusosi a giugno in Corte d'assise con la condanna per omicidio colposo di 5 dei 6 medici imputati (un altro fu condannato per falso ideologico) e l'assoluzione di tre infermieri e tre agenti della polizia penitenziaria.
A fare ricorso in Cassazione è stato Eugenio Rubolino, per la procura generale presso la Corte d'appello di Roma. Non ha accettato la sentenza dell'aprile 2012 che riguarda solo il dirigente penitenziario Marchiandi, assolto dalle accuse di concorso in falsità ideologica in atto pubblico, abuso d'ufficio e favoreggiamento personale, con un ribaltamento della condanna del gup nel corso del giudizio abbreviato.
Le tesi di Rubolino sono state completamente accolte dagli ermellini della quinta sezione penale, che hanno ordinato un nuovo processo d'appello, in una sezione diversa dalla precedente, che dovrà esprimersi « in piena libertà decisionale», scrivono nella sentenza.
Motivo dell'annullamento i troppi «vizi» nel verdetto che faceva uscire di scena il funzionario del Provveditorato regionale dell'Amministrazione penitenziaria (Prap). Vizi, si legge nella motivazione, «che inficiano alcuni passi di rilevante momento nel tessuto argomentativo della sentenza impugnata».
In sostanza, per la Cassazione le carte dicono che Marchiandi avrebbe fatto pressioni sui medici del Pertini per far ricoverare Cucchi in un reparto il cui protocollo riguardava invece pazienti con patologie lievi, escludendo quelle più gravi, cioè «in situazioni cliniche di acuzie».
Che interesse aveva a intervenire in questo modo, in un orario anche extralavorativo? Forse, quella di «far apparire soddisfatte le condizioni necessarie a giustificare il suo ricovero nella struttura protetta», quindi di minimizzare il vero stato di salute del paziente. E anche quella di assicurarsi che fosse assegnato alla struttura «protetta» e piantonato da agenti penitenziari e dove potevano non essere evidenti all'esterno i segni di un pestaggio?
Per i giudici di secondo grado, Marchiandi non aveva interesse a sostenere il falso, perchè nulla sapeva delle reali condizioni di Cucchi , non avendolo neppure visto.
Ma la Cassazione demolisce questo che è il secondo dei capisaldi della sentenza, affermando che in realtà tutte le notizie necessarie sulla salute di Cucchi gli erano state fornite dal direttore di Regina Coeli, a sua volta informato dal medico del carcere che le aveva ritenute « tanto gravi da richiederne il ricovero con urgenza».
Viene contestato decisamente dalla Suprema Corte anche il terzo caposaldo, quello per cui far ricoverare Cucchi nella struttura protetta del Pertini non voleva dire isolarlo per impedire indagini sui responsabili delle sue condizioni.
In realtà, per la Cassazione, l'isolamento nel reparto protetto c'era, eccome. «Corre l'obbligo di osservare come, alla stregua della normativa vigente, non sia conforme a logica sostenere - conclude la sentenza - che il ricovero in una struttura protetta comporti un'attenuazione dello stato di isolamento del detenuto che è proprio del regime carcerario».
C'è da chiedersi a questo punto che conseguenze avrà questa sentenza sul processo d'appello che si celebrerà nei prossimi mesi.
Nella prima sentenza nessuno è stato considerato responsabile delle lesioni subite da Cucchi, infatti le condanne ai medici si riferiscono al mancato soccorso, dopo l'entrata in ospedale. Per i 12 imputati le accuse erano, a seconda dei casi, abbandono di incapace (reato più grave, con pena massima 8 anni), abuso d'ufficio, favoreggiamento, falsità ideologica, lesioni e abuso di autorità.
Marchiandi aveva chiesto il rito abbreviato e la sua posizione aveva seguito una via diversa, con la condanna del 2011 a 2 anni per favoreggiamento, falso e abuso in atti d'ufficio e poi l'assoluzione in secondo grado ad aprile 2012.


A novembre scorso, poi, la famiglia Cucchi ha trovato un accordo con l'ospedale Pertini, per un risarcimento di un miliardo e 340 milioni di euro.

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