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Cassazione a due velocità: ecco quando non ha fretta

Per il cittadino comune la giustizia è lumaca. Ma se sei Berlusconi, allora la prescrizione diventa un problema

Cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario al palazzo della Cassazione
Cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario al palazzo della Cassazione

Roma - Per i giudici della Cassazione il Cavaliere e il Signor Rossi pari sono. Casi ordinari e casi straordinari non si distinguono, al Palazzaccio di Roma. Stessi tempi e stessa solerzia quando incombe su un processo il rischio prescrizione.

La Suprema Corte, dopo le polemiche sulla fissazione dell'udienza Mediaset al 30 luglio e non in autunno come si prevedeva, ci ha tenuto molto a riaffermare questo principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla giustizia.

«Il senatore Berlusconi - ha spiegato il primo presidente della Cassazione, Giorgio Santacroce- è stato trattato come qualunque imputato in un processo con imminente prescrizione».

Eppure, diversi avvocati cassazionisti raccontano tutta un'altra storia. Quella di tanti e tanti casi che finiscono in prescrizione tra l'appello e la Cassazione, senza che nessuno si preoccupi troppo.

Basta entrare in uno dei loro studi per incappare in vicende che smentiscono clamorosamente la presunta «normalità» di una decisione che, a 20 giorni dall'arrivo del ricorso negli uffici giudiziari di piazza Cavour, fissa l'udienza nella sezione feriale appena dopo altri 20 giorni. Tutto, sulla base di una data per nulla certa di imminente prescrizione.

Prendiamo dal mucchio una sentenza a caso, quella di uno sconosciuto signor Rossi, che nulla ha a che fare con la politica e i giochi di potere. Il documento depositato in cancelleria appena tre giorni fa parla di una storia di abusivismo edilizio e della condanna in primo e secondo grado dell'interessato. Che impugna l'atto, contestando i fatti di fronte alla Cassazione.

Ma i giudici non gli danno soddisfazione, in un senso o nell'altro. Non affrontano affatto il caso, non si preoccupano dell'«obbligo» di evitare la prescrizione o di possibili accuse disciplinari. «In nome del popolo italiano» dichiarano che il termine complessivo di 5 anni di prescrizione è maturato a fine maggio 2012, «ovvero dopo la pronuncia della sentenza impugnata, ma prima della pronuncia della presente sentenza». Cioè, mentre giaceva in un ufficio del Palazzaccio. Dunque, la sentenza è «annullata senza rinvio, perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione». Amen.

Diamo un'occhiata ai tempi. Prima condanna in tribunale a marzo 2011. Seconda in Corte d'appello a fine gennaio 2012. Sono previsti 30 giorni per i motivi del ricorso e quindi, con un calcolo approssimativo, il ricorso arriva ai primi di marzo 2012 alla Suprema corte.

I giudici hanno 3 mesi di tempo prima della prescrizione, il 29 maggio. Se l'udienza venisse fissata 20 giorni dopo, come per Berlusconi, ma anche 30, 50, 70 e più, ci sarebbe tutto il tempo di decidere. Neppure ci sono le ferie di mezzo, ma forse nessuno ha neppure calcolato la data limite. Questo è solo uno delle centinaia di ricorsi che arrivano in Cassazione. Dove non ci sono «Speedy Gonzales» e non si applica «uno zelo particolare» in certi casi invece che in altri, come dice Santacroce.

Così, il termine matura senza che venga fissata prima l'udienza e solo a marzo di quest'anno si prende atto che la vicenda è ormai chiusa. Malgrado i motivi del ricorso non risultino «ictu oculi inammissibili», come si legge nella sentenza e, se accolti, siano tali da portare ad un annullamento con rinvio della condanna impugnata.

Il Signor Rossi ci rimane male, ma non si sorprende più di tanto. Il suo avvocato ancor meno, perché ne vede a decine di casi che finiscono così. Sono casi ordinari, di poco conto perché riguardano un cittadino qualunque.

Ma quando c'è di mezzo un Cavaliere, possono diventare straordinari.

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