Politica

Niente più multe ai clienti delle lucciole

Sindaci con le mani legate: i loro provvedimenti sono anticostituzionali

Niente più multe ai clienti delle lucciole

Fino all'altro ieri persino il tollerante comune di Reggio Emilia aveva deciso di adottare la linea dura con dopo l'entrata in vigore dell'ordinanza che prevede sanzioni sino a 400 euro per lucciole e trans che si prostituiscono in strada in modo palese, ma soprattutto per i clienti che richiedono informazioni per concordare prestazioni sessuali a pagamento. Proprio ieri la sesta sezione civile della Cassazione ha rimesso tutto in discussione. O meglio: dice no alla multa all'automobilista che si accosta a una prostituta per strada.

Lo ha stabilito la Suprema Corte mettendo in atto quando disposto dalla Consulta che aveva dichiarato illegittimo il pacchetto sicurezza del 2008 nella parte in cui si concedeva ai sindaci la possibilità di emettere ordinanze con «una discrezionalità praticamente senza alcun limite».
La Sesta Sezione Civile della Suprema Corte ha annullato con rinvio al tribunale di Pescara una sentenza con cui il giudice di pace aveva respinto il ricorso di un uomo multato perché aveva violato l'ordinanza del sindaco di Montesilvano che proibiva di «fermarsi con autoveicolo in prossimità di esercente il meretricio sulla via pubblica». Il giudice di pace aveva confermato la sanzione, pur dimezzandola (da 500 a 250 euro). Anche il tribunale aveva respinto l'appello nell'aprile 2011. - La Cassazione ha quindi inviato di nuovo gli atti al giudice di pace di Pescara, che dovrà riesaminare il caso sulla base dei principi dettati dalla Corte Costituzionale.

Ricorda la Cassazione che la Consulta ha dichiarato incostituzionale la legge nella parte in cui consente «provvedimenti a contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minaccino la sicurezza urbana, anche fuori dai casi di contingibilità ed urgenza». La Consulta aveva sancito come tale disposizione violasse diversi articoli della Costituzione, perché non prevedeva «una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello dell'imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati», con la conseguenza che «gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci».

La Corte ha perciò stabilito che sia il giudice a «valutare nuovamente la legittimità della disposizione posta a base della sanzione comunale, alla luce di principi sanciti dalla Corte Costituzionale in ordine ai poteri del sindaco in materia di sicurezza urbana».

Commenti