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Cassazione, ultimo schiaffo: il Cav non può neanche votare

Dopo una camera di consiglio fiume, la Suprema corte conferma: sarà interdetto per due anni. Vana la richiesta dei legali di inviare gli atti a Strasburgo e Consulta

Cassazione, ultimo schiaffo: il Cav non può neanche votare

Confermati i 2 anni d'interdizione dai pubblici uffici di Silvio Berlusconi, condannato in via definitiva per frode fiscale a 4 anni di reclusione (3 coperti da indulto) nel processo Mediaset sui diritti tv. Il che significa che da subito il Cavaliere non solo non può candidarsi ma non può nemmeno votare. La reazione della difesa è affidata a Nicolò Ghedini ed è di «grande amarezza, sarebbe stato necessario almeno un approfondimento a Strasburgo». E nel partito, da Gelmini fino a Brunetta è una sola voce: «Una sentenza abnorme e ingiusta, la giustizia italiana va in direzione opposta a quella europea». «In Italia -dice Deborah Bergamini- è diventato impossibile per Berlusconi difendersi, c'è una preclusione ideologica».
La giornata più lunga inizia nel primo pomeriggio alla Corte di Cassazione, con l'udienza pubblica di fronte ai giudici della III sezione penale della Suprema corte. Presiede Claudia Squassoni, Renato Grillo è relatore e subito si fanno sostituire due giudici: il presidente di Md Luigi Marini e Amedeo Franco, già relatore nel processo di agosto.
Che tiri una brutta aria si vede immediatamente, quando il procuratore generale Aldo Policastro chiede la conferma della sentenza della Corte d'appello milanese che il 19 ottobre ha ridotto a 2 anni l'interdizione dai pubblici uffici del Cavaliere, prima fissata a 5 e ricalcolata dopo il rinvio della Cassazione del primo agosto.
Quando la parola passa alla difesa, tre sono le richieste fatte nella sua arringa dal professor Franco Coppi, legale di Silvio Berlusconi con Niccolò Ghedini: trasferire gli atti a Strasburgo e sospendere il giudizio; o inviarli alla Corte Costituzionale; o ancora annullare la sentenza e disporre un processo d'appello tris per ricalcolare la pena accessoria.
È alle 17,45 che le porte della camera di consiglio si chiudono dietro i giudici e inizia una serata senza fine, fino al verdetto che rende la pena accessoria immediatamente esecutiva e comporta per Berlusconi anche la perdita del diritto di voto.
In gioco ci sono diritti fondamentali, ha provato a sostenere Coppi, e a decidere dev'essere la Corte europea di Strasburgo. In questo caso, per il difensore di Berlusconi, si tratta del diritto all'elettorato e la decisione è di particolare «gravità e incidenza per una persona che da anni fa attività politica come Berlusconi».
A sorpresa l'avvocato punta sul divieto «ne bis in idem»: non si può essere giudicati e puniti due volte per lo stesso reato. Principio ribadito dalla Corte europea dei diritti umani, nella sentenza del 4 marzo sul caso Ifil-Exor, che ha dato ragione a Luigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e altri rappresentanti di società Fiat. In sostanza, il leader di Fi non può cumulare la sanzione dell'incandidabilità per 6 anni della legge Severino con la pena accessoria dell'interdizione. Infatti, per Strasburgo il principio vale per tutte le conseguenze del reato, «di natura penale o amministrativa», visto che incidono su diritti fondamentali. La sentenza che ha riconosciuto la violazione dei diritti umani di Gabetti, Grande Stevens e degli altri imputati, sostiene infatti che le sanzioni amministrative della Consob, multe di milioni di euro con perdita di incarichi societari, per la pesantezza economica e il riflesso sull'onorabilità degli interessati hanno natura penale e non amministrativa. «Il caso Berlusconi è identico perché sono identici gli effetti della legge Severino e dell'interdizione», sostiene Coppi. Quindi, gli atti Mediaset devono essere inviati a Strasburgo.
Oppure alla Corte costituzionale, perché le norme tributarie creano «una illegittima disparità di trattamento». La richiesta fatta, in subordine, da Coppi poggia sull'impossibilità di Berlusconi «di pagare il debito per il quale è stato condannato nonostante la volontà di soddisfarlo». Perché? Perché la legge lo impedisce «a chi non ha la rappresentanza legale della società che ha evaso». E Berlusconi era in questa situazione. «In questo modo - dice Coppi - non ha potuto beneficiare dell'eliminazione delle pene accessorie con il pagamento».

Niente da fare nemmeno per la terza richiesta della difesa del Cavaliere: annullare con rinvio la sentenza d'appello «per la eccessività della sanzione» rispetto al reato «estremamente esiguo, due minuscoli episodi».

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