Politica

Berlusconi: l'amnistia non mi tocca e pensa solo all'unità del partito

Allarme voto palese al Senato, asse Pd-M5S. Lo sfogo privato del Cav: "Un pezzo del Parlamento vuole sbattermi fuori in modo antidemocratico"

L'ex premier Silvio Berlusconi esce da Montecitorio
L'ex premier Silvio Berlusconi esce da Montecitorio

Alla fine resta in quel di Arcore. Lontano da Roma (dove potrebbe arrivare oggi) e dalla valanga di incontri e riunioni che lo avrebbero atteso a Palazzo Grazioli dove già in tarda mattinata il centralino ha raccolto decine e decine di telefonate. Nel Pdl, d'altra parte, tutti attendono il Cavaliere, per capire cosa davvero pensa e quali saranno le sue prossime mosse.

Nel giorno in cui Raffaele Fitto spara dal salotto di Ballarò contro Angelino Alfano, l'ex premier decide dunque di tenersi fuori dalla querelle. Certo, nonostante l'ospitata dell'ex governatore pugliese sia nota dalla prima mattina, il Cavaliere non pare gli abbia chiesto di fare un passo indietro. Ma una parola sul braccio di ferro in corso nel partito tra i cosiddetti lealisti e le colombe alfaniane Berlusconi non la dice. C'è tempo. Per ragionare ancora sul da farsi e decidere se concedere davvero al segretario del Pdl le teste che chiede. Anche perché nelle sue conversazioni private il Cavaliere non fa altro che ribadire il suo appello all'unità del partito. Spaccarci adesso – è il senso dei suoi ragionamenti – sarebbe un male per tutti, in particolare per l'elettorato di centrodestra, e farebbe felice solo Enrico Letta.

Da Arcore, quindi, Berlusconi guarda soprattutto al messaggio di Giorgio Napolitano e al voto del Senato sulla sua decadenza da senatore. E le parole del capo dello Stato su amnistia e indulto non sembrano colpire particolarmente l'ex premier, convinto che i due provvedimenti comunque non lo riguarderanno e che la posizione del M5S che parla di «salvacondotto per Berlusconi» sia «assolutamente strumentale». Dal presidente della Repubblica, ripete d'altra parte nelle sue conversazioni private un Cavaliere piuttosto diffidente, non solo non mi aspetto un occhio di riguardo ma nel caso il contrario. Eppoi la posizione del Pd è chiara visto che i Democratici non hanno perso tempo a far sapere che «amnistia e indulto non possono riguardare reati che hanno a che fare con i procedimenti a carico di Berlusconi». «I soliti strumentalizzatori professionisti e monomaniaci che scaricano sempre in una direzione», dice da Lussemburgo Alfano.

Da Palazzo Madama, intanto, arriva la notizia che la Giunta per il regolamento del Senato si riunirà il 15 ottobre alle 15 per decidere sulla proposta avanzata dal M5S di abolire il voto segreto nelle votazioni che non riguardino l'elezione di organi del Senato (presidenti e vicepresidenti ad esempio).

Quindi anche nel caso del voto sulla decadenza del Cavaliere. Una partita delicatissima, perché è chiaro che nel segreto dell'urna Berlusconi può avere qualche possibilità in più di scamparla. Anche se in verità fino a un certo punto, visto che pare il Pd sia intenzionato comunque a dare indicazione ai propri senatori per rendere in qualche modo riconoscibile il voto, così che sia possibile alla fine tirare le somme.

Il timore dei Democratici – probabilmente infondato – è infatti che il M5S voti pro Berlusconi scaricando poi la responsabilità sul Pd per far saltare il banco e mandare in crisi il governo. Ed è proprio per questa ragione che i grillini chiedono di modificare il regolamento. Cosa che difficilmente si farà, perché è chiaro che se il Senato cancellasse l'istituto del voto segreto proprio in vista di un voto ad hoc (quello sulla decadenza del Cavaliere) non farebbe che confermare quanto da tempo va dicendo in privato e pure in pubblico l'ex premier.

E cioè che c'è un pezzo di Parlamento – Pd ma anche Sel e M5S – che lo vogliono «sbattere fuori dalla politica in modo tutt'altro che democratico».

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