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Il Cav: ok al Renzi-style E valuta di presentarsi all'udienza del 10 aprile

Berlusconi apprezza i modi del premier: ora aspettiamo i fatti. L'idea di andare dal giudice che deciderà sui servizi sociali

Il Cav: ok al Renzi-style E valuta di presentarsi all'udienza del 10 aprile

Alla fine la conferenza stampa-show di Matteo Renzi se l'è vista che era quasi notte, dopo averne avuto qualche piccolo assaggio dai tg della sera. E l'impressione dei pochissimi che hanno avuto occasione di parlarne direttamente con lui è che al Cavaliere non sia poi dispiaciuta. Nella forma, quantomeno. Visto che in più passaggi – da quello in cui il premier s'improvvisa banditore annunciando l'asta on line delle auto blu a quando all'ennesima domanda di un giornalista maschio scherza dicendo di rispondere a «una signora con la barba» – se la ride di gusto. Per la sostanza, invece, l'approccio resta prudente e ogni giudizio sospeso a quando davvero il governo metterà in pratica quelle che allo stato restano solo delle promesse.
La giornata, però, Silvio Berlusconi la passa alle prese con le solite vicende legali oltre che con le questioni legate all'organizzazione del partito. Ma sono soprattutto le prime ad impensierirlo, visto che il 10 aprile si avvicina sempre più e gli avvocati – primo fra tutti Niccolò Ghedini – insistono per decidere la strategia da seguire. Non è affatto escluso, infatti, che il Cavaliere possa presentarsi all'udienza nella quale i giudici decideranno se concedergli i servizi sociali o dargli invece gli arresti domiciliari. Sarebbe un modo, infatti, per cercare di alleggerire la sua posizione, senza però alcuna dichiarazione di pentimento rispetto ai fatti che hanno portato alla condanna per i diritti tv Mediaset. Non solo perché Berlusconi è convinto di non aver nulla di cui pentirsi, ma anche perché una simile scelta svuoterebbe di ogni forza i due ricorsi che pendono in sede Ue. La linea da seguire, però, è ancora in fase di elaborazione. Anche perché sul punto l'ex premier è particolarmente sensibile. Oltre che – questo ripete, magari solo per scaramanzia, a chi ha occasione di sentirlo – convinto che la decisione del magistrato di sorveglianza sarà la più restrittiva possibile. Ecco perché l'ex premier tiene sul tavolo la carta della candidatura in Europa nonostante la legge Severino lo impedisca. Il termine per presentare le liste, infatti, scade il 15 aprile e se davvero dovessero arrivare gli arresti domiciliari – magari con regole di comportamento particolarmente restrittive, come l'impedimento a incontrare persone o a fare telefonate – Berlusconi potrebbe decidere di presentarsi lo stesso per aprire il caso davanti all'Europa portandolo all'attenzione dei media. Non è una coincidenza che oltre al simbolo di Forza Italia nelle ultime ore si stia tenendo in considerazione la possibilità di depositarne uno con la scritta «Berlusconi». Ma anche questo sarà un nodo che probabilmente verrà sciolto dopo il 10 aprile.
In attesa di vedere se davvero Renzi riuscirà a tenere fede alle promesse fatte, insomma, Berlusconi è comprensibilmente concentrato sulle vicende giudiziarie. Con un occhio al partito, soprattutto in chiave organizzativa. Dare o no il via libera alla candidatura dei parlamentari nazionali alle elezioni europee di fine maggio, infatti, non è cosa di poco conto. Non solo perché c'è il rischio di dover presentare alcuni nomi che nella testa del Cavaliere non sono proprio l'immagine del nuovo che avanza, ma pure perché favorirebbe la conta interna al partito. Ad ogni livello, nazionale (vedi Raffaele Fitto che potrebbe andare alla prova di forza e verificare quante preferenze vale) ma anche regionale (vedi Salvatore Cicu in Sardegna). Per ora ogni decisione è sospesa, visto che l'incontro di ieri tra Berlusconi e Fitto è stato interlocutorio.
Un Cavaliere, dunque, che a parte un faccia a faccia con Denis Verdini resta in disparte e piuttosto distante dal partito.

Non è un caso che mercoledì sera ci siano state molte ore di black out sulla linea da tenere rispetto a Renzi e che ieri i più critici verso il segretario del Pd abbiano dovuto «aggiustare» il tiro.

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