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Il Cavaliere: troppi ritardi Ma tiene a galla il premier

Il leader di Forza Italia è amareggiato, però decide di togliere le castagne dal fuoco a Renzi. E rassicura il partito

Il Cavaliere: troppi ritardi Ma tiene a galla il premier

Berlusconi toglie le castagne dal fuoco a Renzi e sblocca l'impasse sull'Italicum dopo un summit fiume a palazzo Grazioli. Assieme a Berlusconi c'è lo stato maggiore del partito: attorno al tavolo i capigruppo di Camera e Senato, Brunetta e Romani; i loro vice, Gelmini e Bernini; più Capezzone, Fitto, Matteoli e Verdini. Il Cavaliere ascolta tutti per quattro ore e mezza, poi sblocca la situazione: «Va bene, diciamo di sì all'emendamento D'Attorre». L'emendamento limita alla sola Camera l'introduzione del nuovo sistema elettorale, non regolamentando il sistema di voto per Palazzo Madama. Senato che, se si andasse al voto prima della sua riforma, verrebbe quindi eletto con il «Consultellum». Due sistemi elettorali differenti per due Camere: un vero pasticcio, insomma.
Tuttavia, anche questa volta, da Berlusconi arriva un'ulteriore apertura di credito a Renzi. Il quale avrebbe garantito ai pontieri azzurri, Verdini e Letta in testa, che riuscirà a portare a casa la riforma costituzionale che abolisce il Senato in otto-dieci mesi. C'è da crederci? La stragrande maggioranza del partito del Cavaliere resta scettica ma il ragionamento fatto davanti a Berlusconi è il seguente: «A questo punto siamo a un bivio: possiamo rimanere sulle nostre posizioni, accusare Renzi di non aver rispettato i patti e rompere definitivamente ogni discorso sulle riforme condivise - dicono più o meno tutti i parlamentari azzurri presenti al summit sebbene con diverse sfumature -; altrimenti possiamo mediare, offrire un'altra chance al premier e rimanere in gioco».
Berlusconi ascolta e annuisce. Poi rompe gli indugi: «Va bene, diamo ancora una possibilità a Renzi». Renzi che, attraverso Verdini, aveva fatto recapitare a Berlusconi il seguente messaggio: «Attenzione che io non riesco a tenere insieme né il partito né il governo». Traduzione del non-detto successivo: sono pronto a scaricarvi e fare di testa mia con la maggioranza che regge il mio esecutivo. Quindi Berlusconi chiosa: «Non possiamo dare l'assist a Renzi di dire che siamo noi a non volere le riforme; così facendo, invece, dimostriamo che siamo determinanti».
Così, il Cavaliere dà una mano al premier, garantendo di fatto la vita del suo neonato governo. Una decisione presa con tutta l'amarezza nel vedere come il premier non sia in grado di tenere fede ai patti. Un messaggio che Berlusconi vuole far emergere stilando una nota assieme ai suoi: «Prendiamo atto con grave disappunto della difficoltà del presidente del Consiglio di garantire il sostegno della sua maggioranza agli accordi pubblicamente realizzati». Quindi ecco la scialuppa di salvataggio del Cavaliere: «Come ulteriore atto di collaborazione, nell'interesse del Paese, a un percorso riformatore verso un limpido bipolarismo e un ammodernamento dell'assetto istituzionale, manifestiamo la nostra disponibilità ad una soluzione ragionevole che, nel disegnare la nuova legge elettorale, ne limiti l'efficacia alla sola Camera dei deputati, accettando lo spirito dell'emendamento 2.3». La chiusa della nota è un avvertimento: il contenuto dell'Italicum, tuttavia, non si tocca: «Per il resto, confermiamo integralmente l'accordo pubblicamente realizzato, senza alcun “patto segreto” come maliziosamente insinuato da alcuni organi di stampa.

Ribadiamo dunque piena collaborazione su questo piano, e una chiara opposizione sui temi economici e sociali, e su tutto quanto, a partire dalla necessaria riduzione della pressione fiscale e del peso dello Stato, ci rende naturalmente alternativi alla sinistra».

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