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Cene, hotel di lusso, viaggi: Renzi ha già una condanna

La Corte dei Conti gli ha contestato, in primo grado, un danno erariale da 2 milioni quando guidava la Provincia di Firenze. Accusato di aver assunto un centinaio di amici

Cene, hotel di lusso, viaggi: Renzi ha già una condanna

Condannato per atti compiuti nell'esercizio delle funzioni di pubblico amministratore. Ebbene sì, anche Matteo Renzi ha qualche problemuccio con la giustizia. È una condanna di primo grado, non definitiva, appellabile. È vecchia di due anni, ma la magistratura contabile non avverte particolare urgenza di procedere nell'esame del ricorso. Facile dimenticarsi di questa macchia. Eppure la condanna rimane, ovviamente affatto sbandierata dall'apparato comunicativo dell'aspirante segretario del Partito democratico.

La vicenda risale a quando il giovane Matteo era presidente della provincia di Firenze, prima di diventare sindaco del capoluogo. La carriera renziana è lunga, la sua militanza politica nelle file del Movimento giovanile della Democrazia cristiana risale addirittura agli anni del liceo, prima ancora che Silvio Berlusconi scendesse in campo nel 1994. Il secondo passo fu diventare portaborse di Lapo Pistelli, quindi promotore dei Comitati Prodi a Firenze; passò poi alla testa del coordinamento cittadino della Margherita e, infine, alla segreteria provinciale. Aveva 29 anni Renzi quando si insediò a Palazzo Medici Riccardi. Era il 2004 e il curriculum da aspirante membro della Casta lo proiettò giovane sulla sua prima poltrona di prestigio.

La condanna di primo grado giunge nel 2011. La emette la Corte dei conti della Toscana. L'accusa è di danno erariale per l'inquadramento contrattuale di alcuni dipendenti assunti a tempo determinato: tradotto in lingua corrente, significa assunzioni clientelari. Alcuni membri dello staff del presidente sarebbero stati inquadrati in una categoria superiore a quella dovuta, con relativi stipendi gonfiati.

La procura della Corte contabile aveva contestato alla giunta Renzi un danno erariale di 2.155.000 di euro, ridotto dai giudici di primo grado a un risarcimento di 50mila euro. Di questa somma, circa 14mila sono stati posti a carico del rottamatore e 1.000 al suo vice di allora, Andrea Barducci, oggi promosso presidente della Provincia medesima. Il resto è stato addebitato a ex assessori e funzionari dell'ente locale. Le persone condannate sono 21; nove dei 30 indagati sono stati archiviati.

Renzi contestò pesantemente il lavoro della procura contabile: «Una ricostruzione fantasiosa e originale». E adesso invece ci viene a ripetere che le sentenze vanno rispettate, non si discutono, si accettano in silenzio, si applicano punto e basta. I giornali locali sono stati ben lieti di ospitare la propaganda renziana: la Provincia ha risparmiato, i dirigenti sono stati dimezzati, il personale è sceso, la colpa è di un dirigente che ha sbagliato l'inquadramento delle segretarie. Operazione scaricabarile, secondo lo stile del rottamatore. Nessuno tuttavia gli ha sentito dire: accetto la sentenza, la giustizia faccia il suo corso, auspico tempi brevi per il processo di appello. Del quale, a due anni dal verdetto di primo grado, si è persa ogni traccia.

Ma la Corte dei conti ha dovuto occuparsi anche delle spese di rappresentanza del giovane presidente della provincia di Firenze. Le ha denunciate un dipendente di Palazzo Medici Riccardi che ha il dente avvelenato con Renzi. Il suo mandato è costato ai contribuenti fiorentini 600mila euro in cinque anni tra viaggi, ristoranti, regali, ospitalità: una visita negli Stati Uniti nei giorni in cui Obama fu eletto presidente è costata 70mila euro.

La Provincia aveva dato a Renzi una carta di credito con un plafond di 10mila euro mensili. I magistrati contabili sono andati a caccia dei giustificativi, ricevute e scontrini. Quando mancavano, il capo di gabinetto autorizzava ugualmente gli esborsi: «Spese regolarmente eseguite in base alle disposizioni contenute nel disciplinare delle attività di rappresentanza istituzionale». Renzi ha fatto felici le migliori cucine di Firenze: 1.300 euro alla pasticceria Ciapetti, 1.855 euro alla Taverna Bronzino, 1.050 euro da Lino e 1.213 al Cibreo.

Sotto inchiesta sono finiti anche i 4,5 milioni che la provincia ha elargito alla Florence Multimedia, società che svolge attività di comunicazione e informazione per la provincia. La domanda, come amava ripetere Antonio Lubrano quando si occupava dei diritti dei consumatori e degli sprechi della pubblica amministrazione, sorge spontanea: ma non bastano gli organici dell'ufficio stampa?

(4. Continua)

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