Politica

Non basta il Senato, riformiamo le Regioni

Il centrodestra rilanci il federalismo, altrimenti gli incapaci faranno disastri

Da quasi venti anni sono impegnata in istituzioni legate al territorio, prima a Genova poi in Liguria. Da consigliera regionale ha vissuto la stupidaggine combinata dal centrosinistra nel 2001 quando si è modificata la Costituzione senza scegliere un modello o federalista o di decentramento, creando caos e rendendo ancora più perverso il controllo della spesa pubblica. Ho assistito dall'interno ai tantissimi interventi riformatori mai affrontarli con una logica di sistema. Ho avuto una speranza all'inizio del 2013 quando si avviò una commissione di esperti che fornisse al Parlamento proposte articolate. Poi, però, c'è stato chi ha preferito la piccola politica da piccolo partito al lanciare una discussione pubblica sulla riforma della Costituzione.

Capisco oggi la scelta di aprire a Matteo Renzi per impedire che prevalga il clima di restaurazione conservatrice o il caos e non mi sfugge come il gesto di ricevere Silvio Berlusconi al Nazareno sia stato un parziale ma significativo risarcimento della rapida estromissione dal Senato del leader di uno dei due principali schieramenti nazionali. Però ho particolarmente apprezzato anche l'idea di rilanciare l'obiettivo del presidenzialismo perché se non si pensa in grande e sistematicamente non si riforma sul serio una Costituzione allo sbando nella parte ordinamentale. D'altra parte avviene sempre così da dopo il 1992, con lo scontro tra un arcigno schieramento conservatore pronto a bloccare qualsiasi riforma incisiva e movimentismi spesso troppo improvvisati capaci di conquistare strappi di innovazioni pur rilevanti ma senza razionalità sistemica. E l'improvvisazione continua pure oggi: così le Province formalmente abolite ma sostanzialmente rimaste in vita senza che si sia veramente dibattuto se serva ancora o no un livello di coordinamento intermedio tra comuni e regioni.

Ora, sia che vi sia un accanimento di settori della magistratura contro gli uomini del centrodestra, sia che vi sia una crisi evidente di un'istituzione nata male nel caos degli anni Settanta, è chiaro come una riflessione articolata sulla questione regionale andrebbe affrontata prima della formazione di un Senato in cui le Regioni dovrebbero essere centrali. Invece la discussione grillescamente si concentra solo sui costi, che sono importanti ma diventano fuorvianti se non si riflette sul sistema: centralizzare la spesa territoriale nei ministeri dopo avere svuotato tutti i livelli di autonomia locale, non ridurrà alcun costo anzi aumenterà solo l'inefficienza come d'altra parte spiega lo stesso Renzi. Ecco perché mentre si aiuta Renzi quando fa aperture innovative, bisogna avere insieme obiettivi di grande respiro e prospettiva per evitare di fare «ammosciare» tutto, come avviene ormai abitualmente quando si tentano riforme istituzionali. In particolare mi chiedo se non sia venuto il momento di sostenere alcuni obiettivi proposti ad esempio dai leghisti come quello delle macroregioni.

Insomma, finché il centrodestra, come ha fatto rilanciando il presidenzialismo, non penserà in grande, l'iniziativa rimarrà in mano agli innovatori frettolosi capaci solo di propaganda (o alla ricerca di potere personale come certi superiformatori parolai e inconcludenti) o al così tremendamente possente fronte conservatore.

*Consigliere regionale della Liguria Pdl-Forza Italia

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