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Che pena quei politici che tifano per le manette

La sinistra rincorre i grillini, nuova avanguardia della magistratura militante. Così la giustizia sommaria che imperversa in rete ora invade il Parlamento

Che pena quei politici che tifano per le manette

La retata non disonora il Parlamento, che altri e altro disonora, ma dipinge come osceno simulacro della procedura, come prepotenza incivile, la pretesa carceraria della magistratura. Non è questione di libertà su cauzione, che non è un affare per ricchi, perché la cauzione è commisurata alle sostanze patrimoniali dei custoditi in carcere, può essere fissata anche in un dollaro. È questione di prigione senza giudizio, prigione preventiva che segue tortuosamente la lettera, tradendola, ma non la ragione vera del codice. Il deputato Nicola Cosentino e il senatore Alberto Tedesco, decimati uno per la destra e l'altro per la sinistra come nelle rappresaglie di guerra, non potevano più all'atto dell'arresto inquinare alcuna prova che non avessero eventualmente inquinato prima, con tutto il tempo e l'agio a disposizione; non potevano preparare piani di fuga che non avessero potuto mettere in atto prima, disponendo della più completa libertà di movimento, di viaggio, di organizzazione di eventuali latitanze; non potevano reiterare reati che dapprima già potevano aver compiuto o continuato a compiere in continuità con il loro «passato criminale», e se la reiterazione dipendesse dal loro status di parlamentari, quello status era caduto proprio al momento dell'ingabbiamento.

Quei due arresti sono una vergogna e un segno. Tutti lodano il nuovo Papa della misericordia, tutti francescani abusivi, compresi i lupi. Alle porte dello stesso Parlamento italiano che applaudì la richiesta di clemenza di Giovanni Paolo II per poi irriderla con ipocrisia da sepolcri imbiancati c'è stato uno scambio di prigionieri poco misericordioso verso la dignità delle persone e della politica elettiva. Gli uni nelle carceri barbariche della Repubblica, gli altri a Monte Citorio, chi prigioniero di una procedura tradita nello spirito se non nella lettera dei poteri più discrezionali di una Casta inquirente e requirente, chi ostaggio della peggiore ipocrisia moralistica, quella coltivata ai bordi della politica dalle truppe cammellate della calunnia, dell'agitazione psicomotoria di un comico che diverte sul palcoscenico e rovina nelle istituzioni le basi civili della convivenza.

I primi atti di scollamento di questa masnada di teppisti dell'ignoranza, i grillini come nuova avanguardia politica dello spirito carceriero della magistratura militante, si vedono anche troppo presto: una laurea periclitante ottenuta in Alabama che nemmeno in Albania il figliolo disgraziato del povero Bossi, una vertenza a colpi di invidia, di emulazione avida del potere, che ha condotto alle dimissioni di una adepta della ditta Casaleggio dopo una chiassata delatoria via web tra avvinazzati, tutta gente che non si ha voglia di incontrare per strada nella santa e sacra città di Roma, dove il mercimonio e l'abuso e il vizio e la corruzione sono diffusi da secoli ma di tanto meno colpevoli di fronte agli uomini (e chissà forse anche a Dio) della menzogna politica e della demagogia totalitaria dei tenutari di quel bordello infame che è la rete, araldi di persecuzione che hanno sostituito l'eguaglianza del guru alla misericordia del Papa.
Che spettacolo disgraziato vedere politici democratici collusi con questa indecenza, giornalisti appecoronati in tv e sulla stampa a questo «fenomeno». Dobbiamo di nuovo prendere lezioni dai tedeschi, che hanno sullo Spiegel descritto il comico come l'uomo più pericoloso d'Europa? Loro esagerano, sono come sempre troppo letterali, ma noi troppo metaforici, troppo lievi e fiacchi, dove fiacchezza e misericordia non sono ovviamente la stessa cosa.

Ascoltando le cazzate di Bersani, i silenzi di Monti, e le grida impotenti.

Mutevoli e varie della destra purtroppo disposta a tutto per di salvarsi dall'ordalia contro Berlusconi si pensa subito alla scomparsa della storia, dell'antropologia, della psicologia e delle tecniche civili che una volta facevano comprendere a una classe colta, magari marcia ma capace di distinguere e capire, la natura degli uomini, l'importanza dei simboli, la necessità di un linguaggio che non fosse quello intellettualmente debilitante del web, delle webcamere e di altri trucchetti orwelliani così in voga oggi nel laboratorio italiano dell'irresponsabilità. Ho nostalgia di Cirino Pomicino e vorrei che un potente inciucio, élite comprese, spazzasse via, magari in nome del lavoro, della ripresa e dell'Europa, questo incubo della demenza al potere

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