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Il Chianti comprato dai cinesi e il made in Italy non brinda

La tenuta vinicola di Greve è l'ultima di una serie di eccellenze finite all'estero. Dalle mani dei francesi sulla moda alle mire su Telecom

Il Chianti comprato dai cinesi e il made in Italy non brinda

Cin cin. Cinesi. Dappertutto, sopra tutti. Arrivano e ci comprano in un batter di ciglia, contanti alla mano e tanti progetti per rifare pezzo per pezzo quest'Italia in vendita o in svendita, a seconda di come la si vuol guardare. Sono in buona compagnia i cinesi, intendiamoci. Ma fanno la parte dei giganti che sanno muoversi in punta di piedi per agguantare ciò che vogliono.

Esattamente come è accaduto per la prima volta nella terra del Chianti Classico. A conclusione di una trattativa, a denominazione d'origine controllata dato che, per la prima volta è stato perfezionato l'acquisto di un'azienda agricola del Gallo Nero da parte di un imprenditore cinese di Hong Kong che vive in Canada e ha interessi in Francia e Italia. Per la precisione l'imprenditore di Hong Kong, che da tempo inseguiva il colpaccio, ha comprato a Greve, piccola capitale del Gallo Nero tra Firenze e Siena, un'azienda di piccole dimensioni, Casa Nova, con otto ettari di vigneto, un ettaro di oliveto, due gruppi colonici adeguati ad agriturismo. Fitto mistero sul prezzo versato al proprietario italiano per l'affare, così come una nebulosa avvolge il nome del misterioso acquirente.

In sua vece e per suo conto ha infatti agito uno staff di professionisti composto da avvocati, commercialista, geometra, enologo, periti agronomi che hanno studiato pratiche e carte, vincoli urbanistici e paesaggistici compresi, e che non è passato inosservato a Greve. In ogni caso un bel salto di qualità, se si considera che l'imprenditore cinese prima di lanciarsi nel vino a cinque stelle si era mosso fino a ieri nel settore della farmaceutica.

Ma non è tutto dalla Toscana. Perché la gente mormora e osserva mentre una seconda trattativa, che ha per protagonisti, nelle vesti di acquirenti, alcuni cinesi stabilitisi Prato, si starebbe perfezionando in questi giorni sul versante della Val di Pesa. E, se vogliamo rimanere a passeggiare sulla Grande Muraglia e dintorni come non ricordare, a proposito di colpi grossi, quello di Li Ka-Shing che, con la sua Hwl, vuole fagocitare Telecom. E, non da meno quello del gruppo Shandong Heavy Industry, che ha acquistato il pacchetto di maggioranza della Ferretti, la grande firma (che era fortemente indebitata) degli yacht destinati al mercato medio-alto. Iniziativa quasi gemella di quella portata avanti dal potentissimo altro gruppo cinese, quello di Zomlion (cinque miliardi di euro di fatturato nel settore macchine per costruzione) che ha rilevato la nostra Cifa (betoniere e macchine per l'edilizia) con la soddisfazione del presidente del gruppo Chunxin Zhan che ha giusto dichiarato in queste ore che «si stanno valutando altri investimenti nel settore meccanico in Italia».

Mentre Redstore, gruppo cinese del fashion, è diventata proprietaria, giusto per ricordarlo, di Giada, l'azienda fondata da Rosanna Daolio. La moda italiana interessa? Eccome. Altrimenti non si spiegherebbe come mai Gucci, Bottega Veneta, Sergio Rossi, Brioni siano già nelle mani del francese Pinault mentre Bulgari, Emilio Pucci e Fendi appartengano al suo connazionale Bernard Arnault.

Francesi che con Lactalis sono stati così lungimiranti da soffiarci per un nulla, cioè a costo zero, la Parmalat e fare altrettanto, questa volta con qualche soldino, con Edison tramite Edf, il loro colosso dell'energia. E ancora a essere vicinissimi a mettere nella loro cassaforte anche Richard Ginori, che sarebbe a un passo dall'andare a Pinault. Che sulla soglia di casa adesso aspetta (se la deve vedere sempre con Arnault) anche Pomellato e i suoi gioielli.

Poteva mancare nelle scorribande dello shopping di aziende in Italia un gruppo coreano? No, non poteva mancare, e infatti Park Songsoo, fondatore di E-land ha messo in portafoglio Belfe, Lario, Mandarina Duck e Coccinelle. Sempre parlando di moda (che era) italianissima. Ma nell'Italia svenduta o venduta rientrano altri nomi eccellenti. Nomi da sogno per auto da sogno. Come la Lamborghini, che ora parla tedesco, visto che è diventata Audi-Volkswagen che si è pure comprata la Ducati e la Giugiaro Design. E per stare più freschi, non noi, ma loro i tedeschi si sono comprati anche la Diavia, leader nei condizionatori d'auto e hanno presentato, tramite la Siemens un'offerta anche per prendersi Ansaldo energia.

Però,complimenti.

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