Politica

La Chiesa spazza via le accuse «Vicino al regime? Solo falsità»

Città del VaticanoPadre Federico Lombardi abbandona per un attimo il tono affabile e fa la faccia seria. «Abbiamo una lunga esperienza di campagne contro le persone o la Chiesa nel suo insieme», scandisce. La polemica sui rapporti tra l'ex arcivescovo di Buenos Aires e la dittatura di Videla si è fatta rovente. Le accuse di collusione con il regime militare e di aver perseguitato due gesuiti si rincorrono alimentate dalla «sinistra anticlericale». «A questo punto devo fare una dichiarazione», precisa il portavoce vaticano. È una presa di posizione ferma. Ma Lombardi non si dice preoccupato da «gente in cerca di audience» perché «abbiamo risposte fondate, sicure e coscienza tranquilla».
«La campagna contro Bergoglio è ben nota - dice il Vaticano - e risale già a diversi anni fa. È portata avanti da una pubblicazione caratterizzata da campagne a volte calunniose e diffamatorie. La matrice anticlericale di questa campagna e di altre accuse è nota ed evidente» e risale a quando Bergoglio non era vescovo ma superiore dei gesuiti in Argentina. Due sacerdoti rapiti sarebbero stati abbandonati. «Non vi è mai stata un'accusa concreta credibile nei suoi confronti», i giudici l'hanno sentito come persona informata dei fatti senza imputargli nulla. Bergoglio «ha negato in modo documentato le accuse».
Viceversa, «moltissime dichiarazioni dimostrano quanto Bergoglio fece per proteggere molte persone sotto la dittatura militare». Ed «è noto il suo ruolo, da vescovo, nel promuovere la richiesta di perdono della Chiesa in Argentina per non aver fatto abbastanza. Le accuse appartengono all'uso di analisi storico-sociologiche del periodo dittatoriale fatte da anni da elementi della sinistra anticlericale per attaccare la Chiesa e devono essere respinte con decisione».
Era già capitato a Papa Ratzinger, nato nel 1927 in Baviera, costretto dai nazisti a iscriversi alla Hitlerjugend. Ora tocca al suo successore: spalleggiatore dei militari. Jorge Videla prese il potere nel 1976, quando Bergoglio aveva 40 anni. Secondo alcune testimonianze avrebbe tolto la sua protezione a due religiosi poi arrestati tenuti prigionieri per cinque mesi. Bergoglio si era già difeso: «Feci quello che potei con l'età che avevo e con le poche relazioni di cui disponevo per farmi avvocato delle persone sequestrate».
A sostegno di Papa Francesco, e della verità storica, è già intervenuto il premio Nobel per la pace Adolfo Pérez Esquivel, che aveva escluso legami tra Bergoglio e i militari. Ieri è arrivata ieri anche la testimonianza di uno dei sacerdoti, Franz Jalics, di origini tedesco-ungheresi, che oggi vive in Germania.
«Sono riconciliato con quegli eventi e per me la vicenda è chiusa. Non posso prendere alcuna posizione sul ruolo di Jorge Mario Bergoglio», scrive sul sito Jesuiten.org. Con un confratello era andato a vivere in una favela. I due furono interrogati per cinque giorni ma rimasero cinque mesi in prigionia, bendati e con le mani legate, accusati ingiustamente di avere collaborato con i guerriglieri comunisti dei «montoneros» contro i quali si muoveva la feroce macchina repressiva dei militari argentini.
Dopo la liberazione i due lasciarono l'Argentina. «Solo anni dopo - ricostruisce ancora padre Jalics - abbiamo potuto parlare di quegli avvenimenti con padre Bergoglio, che nel frattempo era stato nominato arcivescovo di Buenos Aires. Dopo quel colloquio abbiamo celebrato insieme una messa pubblica e ci siamo abbracciati solennemente.

A Papa Francesco auguro la ricca benedizione di Dio per il suo ufficio».

Commenti