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Colle, Farnesina o Bruxelles Quante poltrone per il Prof

SuperMario vuole restare al centro della politica: ha già preparato la strategia per il dopo voto

Colle, Farnesina o Bruxelles Quante poltrone per il Prof

Roma - Il futuro di Mario Monti è ancora avvolto nelle nebbie. Ora che tutti i sondaggi indicano per la sua Scelta civica un risultato ampiamente al di sotto delle ambizioni iniziali, il Professore inizia a interrogarsi su cosa fare da grande. Certo al di là della legittimazione popolare, il presidente della Bocconi può contare sulla confortevole poltrona da senatore a vita. Ma naturalmente non è sua intenzione restare confinato nelle (dorate) retrovie.
Nei giorni scorsi sono circolate voci su un suo possibile, futuro collocamento alla Farnesina. Per il Professore, però, non sembrano esserci grandi possibilità di un approdo al vertice della diplomazia italiana. Quella poltrona è stata da tempo promessa a Massimo D'Alema sia dal Partito democratico sia da Sel (per Nichi Vendola il lider maximo «è stato uno straordinario ministro degli Esteri»). D'Alema, peraltro nel palazzo disegnato nel 1935 da Enrico Del Debbio, Arnaldo Foschini e Vittorio Ballio Morpurgo vorrebbe portare come viceministro l'attuale ambasciatore presso l'Ue, Ferdinando Nelli Feroci, giunto all'età della pensione ma ancora in carica con deroga. Per Monti ci sarebbe allora la poltrona di ministro dell'Economia ma difficilmente - anche qualora i voti montiani in Parlamento dovessero essere necessari per la nascita di un eventuale governo Bersani - il partito di Via del Nazareno potrebbe accettare di appaltare all'esterno la politica economica del governo. Monti sarebbe anche poco attratto dall'incarico di presidente del Senato (incarico su cui Pier Ferdinando Casini ha messo gli occhi) mentre, come è comprensibile, spera ancora nel Quirinale, magari puntando sugli ostacoli che il caso Monte Paschi potrebbe disseminare sul cammino di alcuni suoi possibili contendenti.

Per Monti, però, c'è anche una partita europea da giocare, nella speranza di andare a riscuotere quel credito che - più o meno disinteressatamente - molti leader del Vecchio Continente gli hanno concesso. A fine maggio scadrà la poltrona di presidente del Consiglio Ue di cui oggi è titolare il belga Herman Van Rompuy. Sulla carta parliamo della carica più alta prevista dall'architettura comunitaria, nonostante i suoi confini siano ancora inesplorati. A renderla ancora oscura contribuisce la nascita recente dell'incarico, visto che questa poltrona è stata introdotta con il trattato di Lisbona a fine 2009. Monti andrebbe di fatto a presiedere i lavori del Consiglio europeo, sedendosi al tavolo dei grandi per un ruolo di mediazione politica.

La carta di riserva (sempre europea) c'è. Nell'ottobre 2014 un'altra poltrona va in scadenza: la presidenza della Commissione europea di cui è titolare Josè Manuel Barroso. Inizia, però, a porsi un problema legato alla mancanza di una chiara identità politica della formazione montiana. Per non far sorgere problemi con gli alleati il Professore ha ribadito che «non c'è ancora una famiglia politica di pertinenza», ovvero non c'è una chiara adesione al Ppe. Non è un caso, però, che l'europarlamentare Giuseppe Gargani - ora vicino a Monti - lo abbia esplicitamente invitato un paio di giorni fa a fondare i Popolari per l'Europa. Lo stesso Ppe ha iniziato il pressing affinché il Professore faccia al più presto una scelta in un momento in cui la maggioranza per il primo partito a Strasburgo rischia di restringersi (come il voto in Francia ha dimostrato). Bisogna tenere conto che il presidente della Commissione viene designato a maggioranza qualificata dal Consiglio europeo. Il presidente, però, deve essere scelto tra le fila del primo partito. La corsa parallela di Monti e la speranza di mettere le mani su una poltrona comunitaria dipenderà quindi non solo dal riconoscimento delle corti continentali.

Ma passerà, inevitabilmente, anche dal risultato delle prossime elezioni europee.

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