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A colloquio con Berlusconi: "Abbassiamo i toni per il bene del Paese"

Il leader del Pdl con il Giornale ricostruisce il caso Mediaset: "La Cassazione non può non assolvermi, sono innocente". Ed esclude le elezioni anticipate

A colloquio con Berlusconi: "Abbassiamo i toni per il bene del Paese"

Quando varca la porta e mi viene incontro vestito di blu scuro, mi sorprende. Me lo aspettavo infiacchito, mogio, un po' come l'avevo visto quando tornò bastonato da Bruxelles. Invece ha l'aria stanca, ma solida. Il volto dice che mancano all'appello quattro o cinque ore di sonno, ma l'espressione non è tesa affatto. Ci sediamo e chiacchieriamo per mezz'ora nella sala in cui di solito attendono gli ospiti di Palazzo Grazioli. Parliamo del processo e di politica, della prossima sentenza e del governo, ma dico subito la mia impressione: Silvio Berlusconi è più spaventato dai suoi sostenitori che dai giudici che lo aspettano il 30 luglio: «Spero solo che i giudici non si incazzino per l'eccesso di urla e di titoli di giornale». Non punta ad elezioni anticipate, non sente alcuna smania di tornare a Palazzo Chigi e non gli passa per l'anticamera del cervello di azzoppare il governo. Quanto alla sentenza della Cassazione, incredibile ma vero, crede che la Cassazione il 30 luglio gli darà ragione. Mi sono chiesto se stesse recitando o se parlasse sul serio, parlava sul serio. Lo pensa davvero...

«Non possono non assolvermi perché la mia innocenza è talmente evidente che non possono non vederla».
Mi fa una sintesi del processo: «Accusano Mediaset di aver aumentato i propri costi comprando dei programmi a prezzi gonfiati venduti da imprenditori privati di cui, secondo l'accusa, io sarei stato un “socio occulto”. Di questa cosa non c'è alcun testimone né prova. Sono andati a sequestrare i conti dall'imprenditore Agrama, che comprava tutto il pacchetto Paramount e lo rivendeva in Europa. Questo Agrama comprava a buon prezzo perché era amico del presidente Bruce Gordon, e poi, visto che si assumeva un rischio, ne aumentava il prezzo. Bene, Agrama è inquisito con me, e gli hanno analizzato tutti i suoi conti. E che cosa hanno scoperto? Che gli utili che ha incassato con Mediaset, sono tutti sui suoi conti svizzeri. Poi è saltato fuori che Agrama aveva pagato una tangente che gli era stata estorta dal capo ufficio acquisti di Mediaset, uno che poi è stato cacciato. Allora, scusate: se questo Agrama fosse stato mio “socio occulto”, io avrei lasciato che un impiegato infedele gli togliesse ben vento milioni di dollari? Se io fossi stato suo socio, si sarebbe rivolto certamente a me per dirmi guardi che c'è questo tizio che fa la cresta. Invece, lui non fiata, io non so nulla e però secondo l'accusa io e Agrama eravamo due compari. Prima ancora che falso, è ridicolo. La verità è che Agrama non si rivolge a me perché io dal 1994 non avevo alcun ruolo in Mediaset. Mediaset poi sceglie di ammortizzare il costo dei diritti che paga a queste società private e siccome i diritti si acquistano per un periodo di otto anni, nel corso degli otto anni di durata del contratto.

Ed ecco che, nel 2003 il fisco fa un accertamento e sostiene che Mediaset deve pagare quattro milioni e novecentomila euro in più. E che sul 2002 ci sono ancora da pagare due milioni e seicentomila di imposte. Tenga conto che non si tratta di cifre accertate, ma soltanto ipotetiche perché i ricorsi pendono davanti a diverse commissioni. Quindi non stiamo parlando di una cifra concreta, ma di un conteggio ancora ipotetico. E allora proviamo a guardare “the big picture”. In quel periodo di tempo l'azienda ha pagato allo Stato imposte per 567 milioni. E a fronte di più di mezzo miliardo di euro si sostiene che attraverso un marchingegno criminale complicatissimo, io che non c'entravo più niente, avrei accantonato illecitamente una cifra pari all'uno per cento del totale. Ma vi pare possibile? E comunque, visto che questo accertamento non è stato ancora definito, non si può neanche dire che quei soldi non sono stati versati».

Il fatto è che i giudici danno per scontato che lei su Mediaset possa fare quel che vuole.
«No, non possono, visto che proprio i giudici hanno stabilito, assolvendo il mio amico e presidente Fedele Confalonieri, che io non sono più in grado di influire su Mediaset. Lo ha detto il giudice. Insomma io, in preda a una insana follia avrei dovuto fare una cosa tanto grave e pericolosa, solo per nascondere un settantacinquesimo di quel che Mediaset versava all'erario in quel periodo. Possibile che nessuno veda questa follia? Per questo ho fiducia nei giudici della Cassazione. Lei ha un'idea di quanto ho versato nelle casse dello Stato da quando sono un imprenditore?».

Miliardi, suppongo.
«Ho versato nove miliardi di euro. Dico: nove miliardi! E io, che non c'entro più niente con Mediaset, mi sarei messo a trescare loscamente per farmi uno sconto di sette milioni e mezzo su oltre mezzo miliardo?».

Lei dunque ha fiducia nella Cassazione?
«Certo, ho fiducia nella ragionevolezza, ho fiducia che ci siano anche magistrati che amministrano la giustizia senza pregiudizi».

Però?
«Però cosa?».

Sembrava che ci fosse un però sospeso nell'aria.
«Devo dire che certe volte quelli che vorrebbero agire come miei sostenitori accaniti, quelli più schierati e magari anche affettuosi, prendono posizioni esterne ed estreme che poi vengono attribuite a me. E questo certe volte mi fa venire i brividi».

Il costo della solidarietà dei falchi?
«Non mi aiuta e non aiuta secondo me la giustizia. Tutto ciò che è urlato, da destra o da sinistra alla fine crea soltanto danni».

Non faccia finta di non essersi mai scagliato lei stesso contro la magistratura!
«Ma io non ce l'ho con la magistratura in senso astratto. Io ho rilevato con sdegno, e anche con terrore, che certi procedimenti nei miei confronti non sembrano nascere da fatti concreti, ma dalla voglia di eliminarmi per via giudiziaria. Resta il fatto che io dopo tanti processi ho avuto una caterva di assoluzioni con formula piena, salvo tre, mi sembra, per prescrizione a causa della lentezza della giustizia. Dunque non confondo certe iniziative aggressive con il normale lavoro dei magistrati».

È un messaggio di pace alla Cassazione?
«Ma che sciocchezza. Io non devo mandare alcun messaggio, né di pace né di guerra. Io confido che i magistrati della Cassazione leggano e valutino le carte insieme a tutti gli elementi che servono per un giudizio sereno. E un tale giudizio non può che essere favorevole, ma non per un atto di bontà. Dunque, malgrado la stanchezza fisica mi sento mentalmente in forma. Semmai mi angoscia la nostra sostanziale impotenza di fronte alla tragedia del Paese».

Che farebbe lei se tornasse a governare?
«Non ha senso fare questi esercizi di fantasia. Un governo c'è e ha il nostro sostegno».

La vita del governo non sarà condizionata dalle sentenze?
«C'è già la gravità della situazione che è abbastanza condizionante».

Prevede elezioni anticipate?
«E per far che cosa? Oggi questo governo fa quel che può e mi sembra che non ci sia altro, salvo trovare i soldi per l'Imu e il punto di Iva. Non è poco, ma non è neppure una cosa impossibile».

Qual è secondo lei la causa di tutti i mali?
«I mali sono tanti e antichi. Certo, in questa situazione pesa il fatto che dobbiamo affrontare i nostri problemi usando una moneta che è come se fosse una valuta straniera, visto che non possiamo fare alcuna politica monetaria: questo è il quadro strettissimo in cui ci muoviamo».

Dunque lei sostiene il governo?
«E quando mai ho detto o lasciato capire il contrario? Il governo semmai mi sembra logorato a sinistra, ha gravi problemi su quel lato perché bisogna vedere come si risolveranno i loro conflitti interni, del Pd intendo, e che cosa farà Renzi».

Renzi vorrebbe spaccare il Pd per venire a pascolare nell'area berlusconiana, quello sembra il piano.
«Non lo so, sono cose loro. Dico però che mentre io sono tranquillo, loro, nel Pd, sono agitatissimi e questa agitazione fa male al governo e di conseguenza fa male al Paese».

Ma anche le sue vicende giudiziarie incidono sul governo e fanno male al Paese.
«Ma non le ho certo volute io. Io le affronto con lo spirito giusto, ho fiducia nel lavoro della Cassazione, sono sereno e tranquillo. Aspetto. Che altro mi si può chiedere?».

Forse di dire ai suoi di darsi una calmata?
«Se la calmata se la dessero tutti, a destra come a sinistra, sarebbe meglio per tutti».

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