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Il condono agli evasori non indigna nessuno se arriva dalla sinistra

Negli scorsi anni la sinistra ha attaccato a più riprese i governi Berlusconi in occasione dei vari condoni, ma ora non è escluso che segua la medesima strada

Il condono agli evasori non indigna nessuno se arriva dalla sinistra

Il sottosegretario Giovanni Legnini si è subito preoccupato di smentire l'ipotesi di una sanatoria per il rientro dei capitali illegalmente detenuti fuori dai confini italiani, ma questo non basta a cancellare quanto scritto da Roberto Petrini su Repubblica, dal momento che nelle attuali condizioni dei conti dello Stato è facile prevedere che il governo Renzi si troverà a ripetere cose già viste. Negli scorsi anni la sinistra ha attaccato a più riprese i governi Berlusconi in occasione dei vari condoni, ma ora non è escluso che segua la medesima strada. Ormai è chiaro come il riformismo sempre più fragile di Renzi non sia in grado di aggredire la spesa pubblica: anche perché la base sociale dei partiti che lo sostengono è refrattaria ad accettare una riduzione del numero dei dipendenti pubblici o un ridimensionamento dei servizi. Al di là della retorica sugli sprechi (di cui tutti parlano, ma che nessuno sa bene quali siano), l'attuale maggioranza non può certo abbracciare la strada di una limitazione della presenza dello Stato nella vita economica. In tale situazione non resta che accrescere le entrate ed è per questo motivo che l'ipotesi di una sanatoria sui capitali all'estero è tutt'altro che remota.

I molti interventi del premier e di vari uomini a lui vicini contro i vincoli di bilancio imposti da Bruxelles ripropongono schemi teorici ben noti. L'idea è che per uscire dalla crisi sia necessario spendere: se possibile recuperando entrate (da qui l'ipotesi del condono) oppure anche facendo ricorso al deficit. Al momento attuale è difficile dire se la sanatoria di Renzi un giorno diverrà realtà e quali tratti finirà per assumere, ma è verosimile che accada, dato che manca del tutto la consapevolezza di dover operare una seria riduzione della spesa. Eppure è ormai assodato che i Paesi europei che dal 2007 a oggi hanno più preso sul serio l'idea di ridurre sia le uscite sia il debito (Svizzera e Svezia, in primo luogo) sono anche i paesi che hanno registrato le performance migliori: a partire dalla crescita del Pil.

Il moralismo impiegato da quanti si inalberavano con facilità quando a finire sul banco degli imputati erano Silvio Berlusconi o Flavio Briatore è un lusso che un governo incapace di tagliare la spesa, e nemmeno desideroso di farlo, non si può certo permettere. In fondo è evidente che di fronte alla scelta tra l'ennesima sanatoria e l'uscita dello Stato da una serie di ambiti ora egemonizzati questa maggioranza non abbia dubbi. Meglio fingere che il condono non sia tale se questo permette di non toccare antichi privilegi e consolidate protezioni. C'è allora qualcosa di ipocrita nella rassicurazione che quanti saneranno la loro situazione dovranno pagare tutte le imposte evase e gli interessi, sebbene in presenza di sanzioni ora più contenute. In passato, i paladini dell'etica pubblica non erano tanto sottili e non si perdevano in simili distinguo. Il loro egualitarismo di marca giacobina, anche di fronte a una tassazione da rapina, era cristallino e non ammetteva eccezioni. Il problema è senza la volontà di ridimensionare le uscite, nel nostro futuro ci possono essere solo tasse crescenti e deficit fuori controllo.

E perfino sanatorie vecchio stampo, solo un poco riverniciate per prendere per il naso chi è disposto a farsi ingannare ancora una volta.

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