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Così Bonaccini silenzia il dibattito sul fine vita

Quanto sta accadendo nel silenzio generale in Emilia Romagna sul fine vita rappresenta un pericoloso e allarmante precedente

Così Bonaccini silenzia il dibattito sul fine vita

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Quanto sta accadendo nel silenzio generale in Emilia Romagna sul fine vita rappresenta un pericoloso e allarmante precedente per le modalità con cui la regione guidata da Stefano Bonaccini (nella foto) vuole approvare le regole sul suicidio assistito.

Invece di promuovere una discussione nell'assemblea e votare una legge regionale su un argomento tanto delicato quanto divisivo, il centrosinistra ha deciso di regolamentare il suicidio medicalmente assistito attraverso una semplice delibera di giunta. Si tratta di una decisione presa il 5 febbraio e confermata ieri con un atto integrativo in cui si rafforza la delibera dove si stabilisce che è il Comitato regionale per l'etica nella clinica (Corec) a dare parere per le richieste di suicidio medicalmente assistito da parte di chi si trova nelle condizioni previste dalla Corte costituzionale.

La scelta di approvare una delibera a inizio febbraio è stato un vero e proprio «colpo di mano» da parte della giunta Bonaccini per evitare all'assemblea legislativa di esprimersi sulla proposta di legge di iniziativa popolare sul suicidio assistito portata anche in Emilia-Romagna dall'associazione Luca Coscioni. Per comprendere la gravità del modus operandi della giunta regionale, basti pensare che anche Marco Cappato, tesoriere dell'associazione Luca Coscioni, ha attaccato Bonaccini: «I dem vogliono impegnarsi per il fine vita o si preoccupano soltanto di trovare una posizione di compromesso nel partito? I provvedimenti presi da Bonaccini hanno dei limiti. Non si può rinunciare al voto dell'Aula».

La verità è che il Pd, dopo l'esito del voto sul fine vita in Veneto in cui il partito si è spaccato, ha avuto paura accadesse la stessa cosa in Emilia Romagna con la differenza che una bocciatura in una regione guidata dal centrosinistra sarebbe stata clamorosa. Se non altro però Zaia si è assunto la responsabilità di una bocciatura della sua proposta di legge sul fine vita passando dal voto dell'assemblea eletta dai cittadini mentre Bonaccini ha preferito utilizzare un escamotage che pone però una questione molto seria di agibilità politica. Se da un punto di vista formale una giunta regionale può utilizzare lo strumento della delibera c'è però una questione di opportunità (spesso la forma è anche sostanza) che su argomenti delicati e che toccano la vita delle persone come i temi etici ha un grande valore.

Il punto infatti non è (solo) nel merito su cui ognuno ha le proprie posizioni quanto nel metodo utilizzato scavalcando l'organo deputato al dibattito democratico nelle regioni che è l'assemblea. Si crea così un pericoloso modus operandi e il fatto che avvenga su un tema come il fine vita è sintomo di una visione dogmatica e illiberale che una certa sinistra ha assunto sui temi etici. Non solo si è ormai ridotto lo spazio del dissenso su posizioni che vorrebbero promuovere una visione nichilista e relativista, non solo avere una sensibilità cattolica su questi argomenti è sempre più difficile nel dibattito pubblico con il rischio di essere ghettizzati o ostracizzati ma addirittura siamo arrivati al punto di regolamentare il suicidio assistito con una semplice delibera.

Se Bonaccini vuole assumere questa posizione sul fine vita dovrebbe perlomeno avere il coraggio di passare dal voto dell'assemblea regionale.

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