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Così gli scissionisti aiutano la sinistra

La scelta "collaborazionista" di Alfano toglie alla maggioranza degli italiani il diritto a una rappresentanza unitaria

Così gli scissionisti aiutano la sinistra

Quando un partito sta per spaccarsi, c'è sempre qualche personaggio patetico che invoca l'unità. Proverò ad assolvere questo compito: ma che genere di appello si può fare? Ai sentimenti, con la lacrima sul ciglio? Non ha spina dorsale. Forse un accenno al bene comune che deve tutelare un partito fortemente riformista (almeno nelle intenzioni) e radicalmente alternativo alla sinistra. Quale? Impedire - per il bene del Paese - che la sinistra italiana vada al potere.
Confesso di avere un debole per Cuperlo, intellettuale per bene e molto preparato: peccato che i suoi sogni non coincidano con i miei di liberale. Matteo Renzi, che ha di buono soltanto una nascita fuori dal Pci, si rivela un personaggio vociferante e inquietante, più simile al ritratto che ne fa Crozza che ad un programma politico. Ricordiamo che la sinistra italiana è diversa e non migliore di quelle occidentali perché è l'esito di un cocktail fra cattolici di sinistra e post comunisti, assediata dai parolai pugliesi come Nichi Vendola che è un venditore di fumo e di parole banali e politicamente corrette, ovvero intrise di ipocrisia.

Se il centrodestra berlusconiano si spacca, si sbriciola, quella sinistra italiana che è peggiore di tutte le sinistre europee vincerà e realizzerà il vagheggiato sogno di Achille Occhetto e della sua poco gioiosa macchina da guerra che la discesa in campo di Berlusconi smontò. La sinistra in Italia è sempre minoritaria. È rifiutata dalla maggioranza dagli italiani, che però sono soggetti a ventate di emozioni, come accadde quando resero un forte omaggio elettorale alla memoria di Enrico Berlinguer che aveva il suo bel quid. Ma a parte qualche sussulto, la sinistra in Italia non passa a meno che la destra si spacchi (con un troncone disposto al collaborazionismo, comunque lo si voglia chiamare) oppure diserti in massa le urne, o voti Grillo... Personalmente detesto l'aggettivo «moderato» perché la borghesia è per sua vocazione rivoluzionaria e radicale, chiede la rivoluzione liberale che non si è mai vista, vuole vedere tutelata prima di tutto la libertà del singolo cittadino per la cui dignità chiede a gran voce rispetto sacrale. Detto per inciso: il mito della società fondata sul lavoro è insieme un mito fascista e sovietico (vedi tutta l'iconografia russa): energumeni con falce e martello o con fasci littori, sudati e senza un lampo di intelligenza che ricordano tutti il trinariciuto di Guareschi, l'agit-prop ottuso che porta in giro la parola del partito. La nostra deve essere una Repubblica basata sulla libertà e la dignità e lo Stato deve creare le condizioni perché il lavoro si crei, ma non può né deve garantirlo perché non è il suo mestiere.

Basterebbe questo semplice punto per separare una volta e per tutte la sinistra italiana dalla maggioranza dei cittadini. Una scissione con una emigrazione comunque collaborazionista (non nel senso bellico, ma ideologico sì) segnerebbe la fine del diritto di rappresentanza della maggior parte degli italiani. È questo il punto che determina e illustra la funzione catalizzatrice svolta da Berlusconi per una tenuta dello schieramento che raccoglie e polarizza la maggioranza degli italiani di natura liberale, apolitica, insofferente, anarchica, borghese, fuggita dalla sinistra, intellettuale ma con il bavaglio, intimidita, borghese. Attenzione: è anche il gregge su cui punta Matteo Renzi con la sua retorica scamiciata e Matteo Renzi ha bisogno, per le sue asfaltature, di avere Berlusconi del tutto fuori gioco politico, prescindere dagli effetti della sentenza. E poi, non se ve ne siete accorti, ma al centro non c'è spazio. Il centro è un non luogo, è un buco nero che ha già inghiottito Fini, Casini, Rutelli e ora anche Mario Monti. L'Italia di oggi è per sua natura bipolare con una gobba che per ora sembra seguire il destino del soufflé che si affloscia.

Inoltre, un governo delle piccole intese povero di forze parlamentari e di nerbo politico farebbe prima o poi la fine di Prodi nel 2008. E a quel punto, dove penserebbero di collocarsi i dissidenti scissionisti? Quanti si salveranno dal naufragio? E allora si chiederanno: valeva davvero la pena?

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