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Crocetta, l’aspirante governatore dalle frequentazioni pericolose

In un’informativa della Dda la strana storia del candidato Pd: un mafioso lo aiutò alle comunali. E da sindaco di Gela fece lavorare la moglie di un superboss latitante

Crocetta, l’aspirante governatore dalle frequentazioni pericolose

Prima ’i parrari, mastica ’i pa­roli . L’adagio siciliano che invita a riflettere bene prima di parlare, se­condo i detrattori del candidato governatore di Pd e Udc Rosario Crocetta ben si adatta a colui che si autocelebra icona della lotta a Cosa nostra senza aver mai fatto fi­no in fondo i conti con talune fre­quentazioni imbarazzanti. Non ha mai chiarito, ad esempio, per­ché, quand’era sindaco a Gela,vo­tò la delibera di giunta del 27 lu­glio 2005 su «Progetto cantieri di servizio» che portò la moglie (mi­lionaria) del superboss latitante Daniele Emmanuello nelle liste del reddito minimo comunale. La donna, Virginia Di Fede, lavorò prima nell’ufficio del vicesindaco e poi con l’assessore all’Ecologia per 800 euro al mese, ma solo do­po che cominciò a girare la voce e a circolare una informativa di poli­zia Crocetta, di fatto, la cacciò con tanto di conferenza stampa bec­candosi gli improperi del suocero del boss, vecchio comunista.

Il Co­mune di Gela venne conquistato nel 2002 con soli 300 voti di vantag­gio e in quella cam­pagna elettora­le Crocetta faceva coppia fissa con un tipo poco raccomandabile: Emanuele Celona. A scriverlo, in una informativa indirizzata alla Dda di Caltanissetta,fu l’allora vi­cequestore Antonio Malafarina che indagava su presunte minac­ce di stampo mafioso nei confron­ti di Crocetta: «Va rilevato che la campagna elettorale del Crocetta sarebbe stata in parte condotta da Celona Emanuele, oggi collabo­rante, esponente di Cosa Nostra, appartenente alla cosca mafiosa degli Emanuello, più volte notato in compagnia del Crocetta che fre­quentava la libreria del Celona il quale avrebbe reso dichiarazioni in merito a tale supporto elettora­le ».Secondo Malafarina,le intimi­dazioni a Crocetta potevano «tro­vare il loro presupposto in delicati equilibri di potere mafioso».Il buf­fo della storia è che se oggi Crocet­ta vincerà le elezioni, prossima­mente il superpoliziotto Malafari­na potrebbe diventare suo asses­sore. Il candidato governatore lo ha voluto nel suo listino e lui ha ac­cettato perché Crocetta – ha spie­gato Malafarina – «si è schierato a viso aperto e pubblicamente con­tro mafiosi, politici corrotti e ma­laffare rischiando la vita ».

Su que­sta inusuale frequentazione la bat­tagliera senatrice Pdl Simona Vi­cari ha scritto alla figlia del giudi­ce Borsellino, Lucia, assessore in pectore del candidato alle prossi­me elezioni scatenando un putife­rio. Ma c’è di più.Tempo fa un pia­no per eliminare Crocetta con un’autobomba venne svelato da un pentito. Il pm Di Natale commi­se l’errore di dichiarare che non era vero nulla beccandosi il rim­brotto dell’ex presidente dall’Anti­mafia Beppe Lumia e non solo. Sta di fatto che la vita da super­scort­ato non ha comunque impe­dito a Crocetta di fare una vita nor­male.
Lo si trovava anche al risto­rante «Beverly Hills», di proprietà della famiglia Fraglica, finito nel­la maxi-inchiesta antimafia «Ter­ra nuova» del 2005. I detrattori di Crocetta hanno pure rispolverato un verbale del 2004 del collabora­tore di giustizia Salvatore Cassarà che indica i Fraglica «a disposizio­ne dei Rinzivillo» ed Emanuele Fraglica, amico di Crocetta e com­ponente del nucleo di valutazio­ne artistica del Comune di Gela, come «corriere» della droga. Un verbale – ha spiegato l’avvocato Tuccio, difensore di Fraglica – ri­masto lettera morta, perché «que­ste dichiarazioni non hanno avu­to alcun seguito processuale. L’unico procedimento in cui Fra­gli­ca è stato coinvolto come impu­tato per tentata estorsione si è con­cluso, due settimane fa, con il pro­scioglimento ». Erano amici, lui e il sindaco. Un rapporto a tal punto stretto che, nel corso dell’ennesi­ma verifica della polizia municipa­le nel suo locale, lo «Stone club», Fraglica –secondo quanto si legge in un’annotazione dei carabinieri – avrebbe sbottato: «Questi con­trolli devono finire... Sono amico del sindaco,io».Al Giornale Fragli­ca replica duro: «Non ho frequen­tazioni con malavitosi e non sono mai stato indagato per droga. So­no una persona perbene, tra l’al­tro con le mie denunce ho fatto condannare numerosi esponenti di Cosa nostra». Nell’intenso im­pegno antimafia qualcosa può an­dare anche storto.

Tant’è che l’ex sindaco non si è accorto che, per la gestione dell’affare dei rifiuti (per il quale si calcola un danno erariale di 14 milioni), sotto il suo naso era stato siglato un accordo tra Cosa nostra, Stidda, politica e imprenditoria. Crocetta pensava che fosse racket, invece era solo il solito sistema di fare affari in Sici­lia. Scrivono i giudici del processo «Munda mundis»: gli imprendito­ri che vinc­evano gli appalti col Co­mune di Gela non pagavano il piz­zo, ma entravano in società coi po­litici e i criminali per spartirsi la torta. Tutto questo capitava nel Comune dove Crocetta non si è ac­corto – ma ci ha pensato una com­missione d’inchiesta consiliare a ricordarglielo – della «scelta poco oculata di funzionari, privi di re­quisiti, chiamati dal sindaco a diri­gere delicati settori della vita am­ministrativa comunale». Non si è accorto nemmeno del dilagante abusivismo edilizio (20mila prati­che di condono ferme) e di aver fat­to costruire un tribunale su un’area espropriata illegittima­mente.

Tanto impegno antimafia ma anche tante cose da chiarire.

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