Politica

D'Alema evoca la scissione e fa lo sgambetto a Renzi

Un tempo diceva, e nel suo partito era vero, che «capotavola è dove mi siedo io». Più recentemente ha assicurato di non aver «mai perso un congresso».
Ora quel congresso lo sta perdendo, e Massimo D'Alema lo sa e avverte che non ci sta. E arriva a minacciare la scissione, sia pur «silenziosa» e rappresentata da «un'emorragia di iscritti». A meno che, fa capire, Renzi non «convinca» lui e quella «parte del Pd» che, se il sindaco vincesse, e magari in modo «plebiscitario», come dicono i sondaggi, potrebbe «non sentirsi più nelle condizioni di viverci dentro» al Pd. Insomma, Renzi «non potrà pensare di impadronirsi di un partito che in una certa misura lo osteggia». Una dichiarazione di guerra, dietro la quale forse si nasconde anche una proposta di trattativa, la richiesta di considerare lui - D'Alema - e l'ala che rappresenta come interlocutori obbligati.
I maligni giurano che il prezzo della trattativa sia circoscritto alla sua persona e ruolo, e il primo passo sia la sua candidatura, in posizioni di primo piano, alle prossime elezioni europee. Se il Pd di Renzi sarà così miope da opporsi, D'Alema ricorda di far già parte - lui - della dirigenza del Pse, e di poter facilmente ottenere una candidatura nelle sue liste in un altro Paese.
Ma è chiaro che l'ex premier si pone, e pone, un problema assai più esteso e - a suo modo - drammatico e storico. Succede infatti che, per la prima volta, stia davvero per chiudere «la Ditta», per usare la formula bersaniana, ossia l'ultima ridotta Pci (con le sue appendici di sinistra Dc). «C'è chi ritiene - dice D'Alema, prendendosela con i soliti «poteri forti» - che Renzi sia la persona giusta per liquidare ciò che resta della sinistra». E per “sinistra” intende una sola cosa, appunto il Pci, sopravvissuto fin qui nelle sue varie denominazioni. «Sono preoccupatissimi, e hanno ragione - dice il renziano Antonio Funiciello - perché Renzi non è mai venuto a patti con D'Alema e i suoi, e con lui sarà inevitabile un effetto Zabrinskie Point per la vecchia sinistra post Pci e post Dc: salta tutto, e si ricomincia su basi nuove». E, ironicamente, Funiciello nota una «subalternità culturale di D'Alema rispetto a Matteo: per un'intera pagina parla solo di lui. È un ribaltamento totale: finora Massimo ha sempre incarnato la “tesi”, e tutti gli altri erano la “antitesi” da confutare. Ora è lui che passa dalla parte dell'antitesi, e si ritrova in minoranza».
Epifani rifiuta di commentare il duro attacco dalemiano a Renzi («Per ragioni di opportunità», i renziani infieriscono. Diffondendo dati che li vedono in testa (44% contro il 39% di Cuperlo, che però controreplica: 42% a 40% per me) anche tra gli iscritti. «Chissà perché quando D'Alema perde il congresso evoca la scissione. Mi ricorda quelli che quando perdevano si portavano via il pallone», dice Angelo Rughetti. «Ho letto su Oggi un'intervento del presidente onorario del Roma Club Montecitorio che mi è parso decisamente più convincente di quello odierno», motteggia Roberto Giachetti. Renzi tira dritto: «Io voglio vincere. Perché senza una vittoria netta continueranno gli accordicchi, le mezze misure e le larghe intese».

E avverte: «Ride bene chi ride ultimo».

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